Guai con il fisco e conti pignorati, famiglia disperata: «Non sappiamo come andare avanti, si vive con il peso del senso di colpa»

Il 48enne, padre di famiglia di un paese della Marsica, vittima di un drammatico infortunio sul lavoro racconta il suo presente. Oggi è un uomo distrutto dalle sue responsabilità e non sa come far fronte alle spese quotidiane
AVEZZANO. Molto da dire e altrettanto da rimproverarsi. Quello costretto a fare i conti coi debiti di famiglia è un uomo distrutto dai sensi di colpa. Consapevole di essere stato il responsabile dei suoi stessi problemi col fisco. Una volta fatti i conti con sé stesso, prova a guardare al presente e a trovare soluzioni per uscirne. Ad oggi, però, fa fatica ad arrivare a fine giornata. La storia di T.F., 48enne di un paese della Marsica, che il Centro ha raccontato appena ieri, è, purtroppo, una trama comune a tanti. L’Agenzia delle Entrate, in applicazione a quanto stabilito dalla legge, ne ha pignorato il conto corrente di famiglia, ventiquattro ore dopo l’accredito di un risarcimento danni da 24.000 euro. Frutto della valutazione del danno subìto in occasione di un drammatico incidente sul lavoro a causa del quale riportò una frattura cranica. Tagliando, di fatto, qualsiasi speranza di un minimo di serenità familiare, dopo anni di elemosina. Dall’infortunio, l’uomo ha dovuto chiudere la ditta di famiglia. Sua moglie, nello stesso frangente, ha scoperto una malattia, contro la quale sta ancora combattendo. E poi ci sono le tre figlie. Tra le quali, la più grande, pronta a lasciare l’Università.
Qual è la vostra condizione attuale? Come affrontate le giornate?
«Senza alcuna disponibilità economica. La realtà è che non sappiamo come affrontare nulla. Sono tre anni che siamo senza lavoro. Io per via dell’infortunio, mia moglie della malattia. Per noi non c’è un domani. Le nostre famiglie ci aiutano con la spesa. Ma per il resto non abbiamo progetti. Non immaginiamo un futuro».
Come ha fatto ad accumulare un debito così ingente?
«Sono stati una serie di investimenti andati male. Aggravati da un primo incidente nel 2019, e poi da quello sul lavoro nel 2022. Non sono riuscito a ripagare lo sforzo economico fatto».
Si è mai sentito colpevolizzato dalle sue figlie o da sua moglie?
«Non mi hanno mai detto chiaramente che è stata colpa mia. Sebbene io lo sappia perfettamente. Però mi hanno fatto capire di essersi risentite per non essere state ascoltate quando mi dicevano che stavo facendo qualcosa di cui mi sarei pentito. Non ho dato loro retta. Eppure non mi hanno mai fatto mancare un abbraccio».
Cosa si aspetta di ottenere raccontando la sua storia?
«Vorrei si aprisse un dibattito. Su scala nazionale. Per dire che se qualcosa funziona male, può e deve essere cambiato. Pur nella mia colpa e nelle mie responsabilità, riconosco un accanimento in quello che mi è accaduto. Perché le circostanze personali possono essere diverse. E una famiglia intera non può pagare così duramente».
Ha mai pensato di rivolgersi a persone “poco affidabili”? Diciamo così…
«Il pensiero c’è sempre stato. Lo ammetto. Da quando non ho più nulla. E ci sono state persone che mi hanno offerto quel tipo di aiuto. Ho dovuto fare ricorso a tutti i valori della mia famiglia per non commettere questo errore». L’Agenzia delle entrate le ha illustrato una via d’uscita per il debito residuo. «Dopo il pignoramento la loro disponibilità è stata massima. Hanno mostrato davvero interesse per me e per il mio caso. Il mio problema però ora è un altro. È arrivare alla fine della giornata. Farò senz’altro quello che mi hanno consigliato. Che però non risolve il dramma che la mia famiglia sta vivendo».

