Ex Technolabs tre nuove lettere di licenziamento

Assemblea dei lavoratori con amministratori e candidati chiesto un incontro all’azienda per fermare il piano

L’AQUILA. Un faccia a faccia con l’azienda, da convocare entro sette giorni. Questo l’impegno assunto dalle istituzioni al termine dell’assemblea aperta dedicata alla vertenza ex Technolabs, ora Intecs. Finora, la proprietà del laboratorio di ricerca ha snobbato tavoli e trattative ed è andata avanti con i licenziamenti decisi senza concertazione sindacale e senza l’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Le lettere in cui si annuncia l’apertura delle procedure di mobilità sono arrivate a 30 persone: una sorta di «stillicidio», come l'hanno definito i lavoratori, visto che non si hanno certezze nemmeno sul reale numero dei tagli previsti, a fronte dei 45 esuberi strutturali dichiarati su un totale di 140 dipendenti. Ieri mattina i ricercatori hanno aperto le porte del laboratorio ad amministratori e politici: all’invito hanno risposto Comune e Provincia e i parlamentari Giovanni Lolli e Paola Pelino. Pesante l’assenza della Regione, che sembra aver abbandonato l’industria aquilana. In queste ore l’assessore provinciale al Lavoro Claudio Tonelli sta trattando con l’amministratore delegato della Intecs Massimo Micangeli la data dell’incontro. Analogo impegno da parte del sindaco Massimo Cialente e dell’assessore Stefania Pezzopane. L’obiettivo, sancito dall’assemblea e dai rappresentanti di Fim, Fiom e Uilm, è ottenere il ritiro dei licenziamenti e aprire un confronto con Intecs, per capire quali prospettive ci sono per il sito aquilano, l’unico del gruppo in cui si sta licenziando. Le prime 27 lettere sono state consegnate in blocco, venerdì scorso. Ma ieri l’amara sorpresa per altri tre lavoratori. I criteri con cui sono stati selezionati i dipendenti da licenziare, tra i quali serpeggiano rabbia e disperazione, sono tre: l’anzianità di servizio, i carichi familiari e le esigenze tecnico-organizzative, ciascuno con un diverso peso specifico nella valutazione. È la prima volta che all’Aquila un’azienda manda a casa i lavoratori senza la firma di un accordo sindacale e senza neanche prendere in considerazione il ricorso agli ammortizzatori sociali, come i contratti di solidarietà. Durante l’assemblea è stato più volte sottolineato l’atteggiamento di totale chiusura assunto dalla proprietà. La maggior parte dei ricercatori è d’accordo su un punto: le istituzioni non devono intavolare alcun dialogo con Intecs, se prima non vengono ritirati tutti i licenziamenti. In ballo c’è, tra l’altro, il progetto della Smart City, per 15 milioni, a cui potrebbero partecipare anche le imprese locali. Sulla vicenda intervengono anche i docenti dell’Università: «Temiamo lo sminuirsi del valore di un valido partner che da tempo collabora con la nostra Università su diversi fronti tecnologici (attività di ricerca pura e applicata, cooperazione su progetti europei, svolgimento di tesi di laurea e stage postlaurea), rappresentando un punto di riferimento per l’inserimento nel mondo del lavoro dei nostri laureati. La crisi del laboratorio», concludono i docenti dell’ateneo, «peggiora le già complesse problematiche della ricostruzione economica dell’Aquila e aumenta il rischio di de-industrializzazione e i crescenti fenomeni di disoccupazione giovanile».

Romana Scopano

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