Fungo-killer, l’uomo rimasto intossicato rischia il trapianto

Seri danni al fegato dopo aver ingerito l’Amanita Phalloides L’esperto Arta: «Le specie sospette vanno fatte controllare»

TORNIMPARTE. È ormai certo che Fernando Di Curzio, 61enne manovale in pensione di Tornimparte, abbia mangiato la micidiale Amanita Phalloides, la specie fungina più pericolosa al mondo. Lui stesso aveva fatto scorta martedì scorso del fungo velenoso nei boschi a poca distanza da casa, a ridosso della piccola frazione tornimpartese di Piedi La Villa. Una cena che potrebbe costargli caro, visti i danni già evidenti e conclamati al fegato, emersi dalle analisi eseguite prima all’ospedale “San Salvatore” dell’Aquila, dove è rimasto ricoverato nel reparto di Medicina fino a giovedì, e poi al Gemelli di Roma. Lì è arrivato nel primo pomeriggio di giovedì, trasportato in ambulanza per essere tenuto sotto stretta osservazione al Centro trapianti del policlinico.

Le sue condizioni sono apparentemente buone, non ha sintomatologie particolari, eccetto i livelli schizzati in alto delle transaminasi e altri valori epatici preoccupanti, che fanno dire con certezza ai medici del Gemelli che l’uomo ha ingerito Amanita Phalloides. D’altra parte è proprio questo tipo di fungo quello che familiari e amici hanno portato al centro micologico di riferimento regionale dell’Arta, all’Aquila, due giorni fa: buste e contenitori riposti in congelatore da Di Curzio (l’unico in casa ad averli mangiati) e altri gettati nella spazzatura, all’interno dei quali c’era soltanto Amanita Phalloides.

Di Curzio, come ha raccontato il fratello Emidio, non è appassionato e nemmeno esperto di funghi. Questo giustifica il fatto che non abbia riconosciuto la terribile specie, di cui i boschi di castagno in paese sono pieni.

Il micologo dell’Arta Giacomo Attili, che resta in stretto contatto con il Gemelli e che ha eseguito tutti gli accertamenti sui funghi presumibilmente ingeriti, ribadisce l’importanza di non consumare funghi senza prima averli fatti controllare dagli esperti dell’Ispettorato micologico dell’Asl di riferimento.

«Per un micologo, al fine di riconoscere il fungo, è importante innanzitutto averlo nella sua interezza», spiega, «e poter contare, ad esempio, sui residui espulsi col vomito per avere la certezza di cosa abbia mangiato la persona».

I funghi devono essere sistemati in un cesto al momento del raccolto, e «quelli che suscitano sospetti devono essere riposti da parte e portati all’ispettorato micologico». I sintomi di intossicazione da Amanita Phalloides sono inequivocabili. «Sintomi gastroenterici entro le prime 4 ore con vomito e diarrea, ma le sostanze letali agiscono più lentamente, dopo 24-48 ore, creando necrosi delle cellule del fegato», chiarisce il micologo. Di Curzio resta ricoverato al Gemelli, dove i medici stanno valutando la possibilità di procedere a un trapianto di fegato. Non si esclude che si possa tentare prima di salvare il paziente con delle terapie idonee. Al suo fianco, a Roma, restano i parenti e gli amici più stretti.

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