Gianni il marsicano tradito in casa

Nel fedele Abruzzo scoppia il caso più delicato della sua carriera

PESCARA. C’è un tipo di padre che i figli temono più di tutti: è il padre sulla via del ritorno a casa, ma che a casa non torna mai. È questo il genitore che dà più ansia. Questo per l’Abruzzo è Gianni Letta (forse lo è anche per l’Italia): un padre affettuoso e distante fino a sfiorare l’assenza. Un pacifico ma per nulla inerme Ulisse marsicano (è nato ad Avezzano 75 anni fa) in perenne viaggio con biglietti di sola andata: «Nella mia vita sono stato un avvocato mancato e un giornalista perduto». E’ Gianni che parla e sembra sincero. Se per l’Abruzzo il braccio destro di Silvio Berlusconi è una presenza costante, è difficile dire quanto pesi realmente nella vita della regione e quanto lo impegni.

Quando Gianni Chiodi fu eletto alla Regione, Letta promise di esserne il tutore. Ma quanto lo è stato? Quando c’è un problema, se non c’è Gianni si va ad Avezzano daMaria Teresa Letta, la sorella, presidente della Croce Rossa abruzzese. E se il problema si aggroviglia ancora di più, come per la candidatura alla Provincia dell’Aquila, diventa la stessa professoressa Letta la soluzione. Però non sai mai cosa Gianni Letta pensi, dove sia, cosa faccia. Quando era direttore del Tempo non ha mai scritto un editoriale. E da quando è impegnato in politica, in Parlamento non ha mai preso la parola. Però conta (e pare abbia contato anche nella decisione della sorella di dire no alla candidatura alla Provincia).

Comunque nelle situazioni di crisi c’è sempre lui: freddo, sorridente, pragmatico, trasversale, con quella “grazia sotto pressione” che lo fa apprezzare anche Oltretevere, dove Benedetto XVI lo ha nominato Gentiluomo di sua Santità, primo politico italiano a sedere su una poltrona per secoli riservata alla nobiltà romana.
E oggi che i giornali lo descrivono «infuriato» per le vicende del G8, un po’ sorprende. Ma le parole sono uscite insolitamente dure («Sono stato ingannato»). Come dure e impreviste erano state le parole a commento della telefonata degli imprenditori che ridevano il 6 aprile («Nessuna di quelle persone, nessuna di quelle imprese, ha mai messo, piede all’Aquila né ha avuto un euro di lavori».

Una dichiarazione che, fatta da un dichiarante raro, da un politico che ha la delega ai servizi segreti, andava presa con la massima serietà.
E a rincaro di tutto, si potrebbe anche ricordare, pescando tra le locandine dei film italiani, che la sua unica apparizione al cinema nella parte di se stesso, fu in una pellicola di Alberto Sordi dal titolo che sembra suggerito da una Sibilla ubriaca: «Io so che tu sai che io so». Una garanzia. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è stato invece ingannato e non sapeva che quelle ditte avevano già vinto appalti all’Aquila. E persino il prudente governatore dell’Abruzzo e commissario alla ricostruzione Gianni Chiodi ha dovuto ammettere in un’intervista al Riformista di Antonio Polito che «stavolta Gianni Letta ha avuto delle informazioni sbagliate». Se così stanno le cose la «polvere» alzata da questa inchiesta (così Chiodi descrive la natura della vicenda) è polvere tossica.

Nei palazzi romani, come si dice in questi casi, la fibrillazione è alta. Si racconta che Silvio Berlusconi preoccupato del suo braccio destro («Se cade Gianni cade tutto») abbia per la seconda volta proposto il fedelissimo Gianni per la carica sul colle più alto: «La presidenza della Repubblica è un posto per chi ha dato tanto, è un posto per Letta», avrebbe detto il Cavaliere l’altra sera a cena.

È la seconda volta che Berlusconi propone Letta al Quirinale. La prima fu nel 2006. Alla prima votazione per l’elezione del presidente della Repubblica, l’8 maggio, Letta ottenne al primo scrutinio 369 voti ma non riuscì a raggiungere il quorum. Anche quello fu un viaggio di sola andata. Come il patto della crostata, siglato in tempo di bicamerale a casa Letta tra Berlusconi e Massimo D’Alema e poi naufragato.

Ora Berlusconi ci riprova. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha commentato con poche parole l’uscita del Cavaliere: «Ne abbiamo uno splendido, ci va bene quello che c’è». E Letta? Ieri Letta era avvistato nei pressi dell’ambasciata italiana in Vaticano. In viaggio, come sempre.