Il gip: "Macerie e corruzione, politici e imprenditori senza scrupoli"

Lavori post-sisma all'Aquila, nell'ordinanza del gip il patto tra gli amministratori e le imprese. Dalle carte emerge il ruolo di Morgante, delegato alla ricostruzione su incarico del presidente Chiodi

L'AQUILA. Amministratori complici degli imprenditori per tornaconto personale. Queste le conclusioni del gip Giuseppe Romano Gargarella che ha aderito alla richiesta del pm Antonietta Picardi disponendo gli arresti domiciliari a carico degli imprenditori Franco e Sergio Celi, del sindaco di Magliano dei Marsi Gianfranco Iacoboni e dell'assessore e avvocato Angelo Iacomini per una serie di reati, contestati a vario titolo, che vanno dalla corruzione al furto aggravato, dalla truffa alle violazioni ambientali nell'ambito di una più ampia inchiesta (altri 7 gli indagati) sullo smaltimento dei rifiuti tra cui le macerie del sisma. Un patto tra amministratori e imprenditori con reciproci benefìci.

GUADAGNI ILLECITI.
Le indagini dei carabinieri del Noe, anche attraverso rilevazioni aeree operate dall'Arta, hanno permesso di accertare che la ditta ha estratto una quantità di almeno 130mila metri cubi di inerte in eccedenza rispetto alla quantità autorizzata di 500mila metri cubi. Scrive il gip nell'ordinanza: «La quantità estratta ha un valore che può variare da un minimo di 4 euro a metro cubo fino a un valore di 15,12 euro a metro cubo. Di conseguenza la quantità di ghiaia estratta abusivamente (130mila metri cubi) ha un valore minimo di 522mila euro fino a 1,9 milioni». Al Comune di Magliano, per l'estrazione, vanno corrisposti due emolumenti: canone di escavazione da versare annualmente e contributo alla spesa necessaria per la realizzazione degli interventi. «L'inerte estratto abusivamente», annota il giudice, «ha generato un mancato introito per il Comune di Magliano di 166mila euro per il canone di escavazione e di 16mila euro per il contributo alla spesa».

L'AMBIENTE. «Gravissime violazioni ambientali», prosegue l'ordinanza, «sono state riscontrate quanto alle operazioni di ripristino. Quanto accertato», scrive il gip, «configura pienamente una condotta in violazione di leggi ambientali. Accertato il tombamento di almeno 16456 metri cubi di rifiuti inerti con disparate origini in parte non accertabili con vantaggio economico per una cifra compresa tra 164mila euro e 493mila euro. Ne consegue che i Celi abbiano, con più operazioni e attraverso l'allestimento di attività continuative, ricevuto o comunque gestito abusivamente un ingente quantitativo di rifiuti speciali. Evidenziato anche il mancato rispetto delle norme di sicurezza anch'esso aspetto totalmente ignorato dal Comune di Magliano nell'ambito della propria attività di controllo».

MASSIMO LUCRO. Conclude il gip: «I Celi hanno ottenuto il massimo guadagno possibile dalla gestione dei terreni in concessione, cavando ben oltre l'autorizzato, realizzando un'estesissima discarica abusiva di 13mila metri quadrati (le cui modalità di costituzione sono inevitabilmente quelle delle attività organizzate per traffico illecito di rifiuti), non osservando precauzioni in materia di sicurezza sul lavoro né quelle di tutela dei territori sottoposti a vincolo paesaggistico». L'operazione «Penelope» ha «ricostruito un articolato sistema di illeciti compiuti principalmente dai fratelli Franco detto Gianfranco e Sergio Celi nell'ambito della gestione della Celi calcestruzzi. La peculiarità delle condotte contestate è quella di non aver altro comune denominatore che non il fine di lucro, illecito, ricercato per aumentare quello legittimo già garantito dalla florida attività imprenditoriale. In primo luogo, è risultato che l'amministrazione pubblica più prossima agli interessi dei due, il Comune di Magliano, sia connotata dalla presenza di soggetti conniventi e complici agli indagati stessi. Si tratta dei vertici dell'amministrazione comunale che permettono che i Celi proseguano a perseguire i loro scopi, stando bene attenti ad averne un tornaconto personale. I due amministratori si sono resi colpevoli di aver concesso un'autorizzazione a escavare una particella non autorizzabile e nulla hanno fatto anche di fronte ai richiami dell'organo controllante, la Regione. I Celi hanno messo in atto una serie di attività al fine di ottenere quanto loro non spettante. D'altra parte l'attività illecita dei fratelli Celi la si vede in tutti i reati loro contestati. Non v'è solo l'illecito traffico di rifiuti, ma una serie di reati satellite che delineano un comportamento veramente truffaldino. L'interesse dell'azienda prima di tutto, contro le regole del mercato, contro i limiti e i vincoli paesistici, contro le regole del buon andamento della pubblica amministrazione, evitando di pagare tributi e soprattutto indifferenti alle regole ambientali».

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