Il Pg della Cassazione: «Confermare la sentenza»

L’accusa chiede l’assoluzione degli scienziati e la condanna di De Bernardinis I legali dei parenti delle vittime: tutti colpevoli i membri della commissione

INVIATA A ROMA. Nell’aula magna della suprema Corte di Cassazione a piazza Cavour i familiari delle vittime del sisma si stringono con speranza e dolore. Non ci sono gli imputati Giulio Selvaggi, Enzo Boschi, Gian Michele Calvi, Mauro Dolce, Franco Barberi, Claudio Eva, Bernardo De Bernardinis, ma ci sono le parti civili Vincenzo Vittorini e il figlio Federico, Maurizio Cora, Massimo Cinque, Pier Paolo Visione, Antonietta Centofanti, Paolo e Ilaria Carosi e Fiorella Tomei arrivati a Roma per seguire fino all’ultimo il processo. E saranno nella stessa aula anche stamattina alle 9, ora in cui è stata rinviata dal presidente Fausto Izzo la camera di consiglio e infine la sentenza. Al centro del processo c’è la riunione degli esperti dell’organo scientifico consultivo della presidenza del Consiglio del ministri del 31 marzo 2009 all’Aquila, con la quale i sette (secondo le accuse del tribunale dell’Aquila) rassicurarono i cittadini inducendoli a rimanere nelle loro case, causando, nello specifico del processo, la morte di 29 persone (le vittime del sisma furono 309). Una giornata cominciata alle 10,20 con un flash mob organizzato dai familiari e da alcuni artisti che hanno indossato magliette bianche davanti al Palazzaccio.

RASSICURATI. «Rassicurato. Io avevo 17 anni». «Rassicurato. Io avevo 5 anni». Queste le scritte sulle magliette per simboleggiare l’innocenza di chi la notte del sisma non ce l’ha fatta. Sono invece entrati in aula per alcune ore i ragazzi del Comitato 3e32 e gli ultrà del gruppo Red Blu Eagles 1978. «Contro chi ha rassicurato invece di allarmare»: questo recita il loro striscione. Poi il telo bianco con i 309 nomi delle vittime del sisma. «Noi ci siamo, per dire ancora che il processo di primo grado non fu un processo alla scienza, ma alla cialtroneria di scienziati che hanno obbedito al potere», ha detto Antonietta Centofanti del Comitato familiari delle vittime della Casa dello studente. Il responso di quel che successe nella riunione del marzo 2009 è nelle mani dei giudici della quarta sezione penale della Cassazione.

L’UDIENZA. Una giornata infinita per chi è arrivato con il cuore gonfio di speranza dall’Aquila, ma anche per i sopravvissuti al crollo della Casa dello studente e per i familiari di Hussein Hamade, in continuo contatto da Israele con gli avvocati Wania Della Vigna e Guido De Luca. Dopo gli interventi, in mattinata, del giudice Salvatore Dovere, che ha riepilogato il capo d’imputazione, è stata la volta del Procuratore generale Maria Giuseppina Fodaroni. La quale ha chiesto il rigetto dei ricorsi della Procura generale dell’Aquila e dell’avvocato Filippo Dinacci per l’assoluzione per De Bernardinis; il rigetto di tutti i ricorsi delle parti civili nei confronti dei sei imputati assolti in Appello; l’accoglimento del ricorso delle parti civili della Casa dello studente e l’inammissibilità di altri e, infine, ha chiesto la rideterminazione della pena per De Bernardinis. Più volte Fodaroni ha rimarcato l’attendibilità della sentenza dei giudici della Corte d’Appello, che «non giungono a conclusioni incongrue quando dicono che il messaggio della Grandi rischi non ha efficacia rassicurante, punto di partenza della sentenza di primo grado. Il messaggio rassicurante è arrivato dall’intervista rilasciata prima della riunione da De Bernardinis a una televisione locale, aspetto su cui si appunta il riferito di tutte le parti civili», ha detto il procuratore generale, «che parlano di condizionamento delle proprie abitudini». Appassionati gli interventi delle parti civili, con gli avvocati Antonio Valentini, Angelo Colagrande e Attilio Cecchini. «Non fu frutto di allucinazione quello che è successo all’Aquila, ma di un comportamento errato», ha detto Valentini. «È la Corte d’Appello che invece è partita da una posizione di non colpevolezza». Valentini ha anche ricordato che il verbale della riunione «fu compilato non il giorno dell’incontro, ma il pomeriggio del 6 aprile, mentre noi contavamo i morti».

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