Il tribunale libera i Polisini Tancredi, obbligo di firma

I giudici del Riesame: «Le azioni estorsive e le minacce sono state ormai scoperte» Per l’ex assessore di Forza Italia «è tuttora attuale e concreto il pericolo recidiva»

L’AQUILA. Due volte al giorno, alle 10 e alle 18, dai carabinieri. Lascia gli arresti domiciliari l’ex assessore comunale della giunta di centrodestra Pierluigi Tancredi, per il quale i giudici del tribunale del Riesame hanno disposto la sostituzione della misura imposta dal gip con l’obbligo di presentazione quotidiano alla polizia giudiziaria. La vicenda è quella dell’indagine sulle tangenti nell’affidamento dei lavori di messa in sicurezza del centro storico che ha portato, il mese scorso, a cinque arresti.

TANA LIBERA (QUASI) TUTTI. Il collegio (Ciro Riviezzo, presidente; Maria Carmela Magarò e Mario Cervellino) ha anche disposto la libertà per gli imprenditori Andrea e Maurizio Polisini, nati a Teramo e residenti a Montorio al Vomano, oltre che per l’intermediario Nicola Santoro, aquilano, che era stato sottoposto all’obbligo di dimora nel Comune dell’Aquila con presentazione alla polizia giudiziaria una volta al giorno. Restano agli arresti domiciliari gli imprenditori aquilani Mauro Pellegrini e Giancarlo Di Persio, i cui legali hanno scelto un’altra strategia difensiva rinunciando al Riesame. Fin qui le misure. La difesa degli indagati canta vittoria. Ma a leggere le nove pagine di ordinanza si capisce come il tribunale – pur senza anticipare il futuro dibattimento – abbracci nella sostanza l’impianto accusatorio della Procura.

«MISURA ECCESSIVA». Il collegio, come si legge nelle prime righe dell’ordinanza riguardante la posizione di Tancredi, «ritiene che ricorrano sia i presupposti indiziari che le esigenze di cautela, ma giudica, invero, eccessiva, rispetto ad essi, la misura detentiva imposta, per i motivi che di seguito si esporranno».

«ALTAMENTE PROBABILE». Secondo il collegio, «che Tancredi abbia ricevuto, direttamente e indirettamente, compensi non giustificabili con lo svolgimento di attività lecite, dalla Dipe srl e dalla Edilcostruzioni srl, appare altamente probabile. Primo elemento in tal senso si rinviene nelle dichiarazioni rese da Antonio Lupisella (il grande accusatore, ndr), laddove si racconta di come Tancredi si lamentasse in modo brusco con Mauro Pellegrini (amministratore Dipe) del mancato rispetto degli accordi e del mancato pagamento di compensi in suo favore, minacciando di utilizzare il suo potere per far revocare alla società gli appalti già ottenuti».

TANGENTI DI CUORE. Di questo, secondo i giudici, «si trova riscontro nei versamenti di compensi dalle ditte in favore non soltanto di Tancredi, ma anche di soggetti al medesimo riconducibili, quali ad esempio la compagna Concetta Toscanelli. Invero, se non risulta chiaro quali siano le prestazioni professionali e le attività di consulenza che Tancredi abbia potuto svolgere, con le proprie personali competenze, in favore d’imprese edili, ancor meno risulta spiegabile la ragione per cui Edilcostruzioni avrebbe dovuto valersi dei servigi della Toscanelli, che gestisce un’agenzia matrimoniale».

PERICOLO DI RECIDIVA. Nella parte finale dell’ordinanza i giudici scrivono che esiste il pericolo di recidiva da parte di Tancredi, ritenuto «attuale e concreto». Questo in relazione al fatto che «il pagamento del prezzo della corruzione è proseguito anche in epoca successiva e sino a periodi molto recenti e Tancredi ha continuato a pretenderne la corresponsione dietro la minaccia di collaborare con la Procura sino a poche settimane or sono, con modalità che sembrano, quasi, palesare un concorso della fattispecie di corruzione con quella di estorsione». Infine, il tribunale parla di «oramai avvenuta scoperta delle azioni estorsive realizzate».

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