Indagini bancarie sui conti dei parroci

21 Giugno 2014

Nel mirino i rapporti tra l’imprenditore Vinci e i sacerdoti avvicinati per i lavori di ripristino delle case canoniche

L’AQUILA. I rapporti tra l’imprenditore Nunzio Massimo Vinci e alcuni sacerdoti, italiani e stranieri, dell’arcidiocesi dell’Aquila sono tra gli elementi da chiarire nell’ambito dell’inchiesta su appalti e corruzione nella ricostruzione delle chiese (e delle case canoniche) che ha portato a cinque arresti e che ogni giorno regala nuovi sviluppi. Infatti, il caso di Santa Maria Paganica non sarebbe un episodio isolato. L’imprenditore originario di Lentini (Siracusa), ma trasferitosi all’Aquila, dove ha lavorato nel post-terremoto, e finito ora in carcere, è accusato di aver sfruttato l’amicizia col viceparroco di quella chiesa, don Stefano Rizzo, per arrivare persino a falsificare la firma del malatomonsignor Renzo Narduzzi e a retrodatare l’atto della scrittura privata per il conferimento dei lavori pur di mettere le mani su una grossa torta. Un lavoro da 19 milioni di euro che sarebbe potuto lievitare, stando a quanto egli stesso afferma in una delle conversazioni intercettate, «fino a quaranta». Il meccanismo, insomma, potrebbe essere stato ripetuto altrove. Scambi di favori, denari o altra utilità dati o promessi, per arrivare a ottenere l’affidamento delle opere di ricostruzione. Per questo motivo vengono passati al setaccio anche i conti correnti di alcuni esponenti del clero diocesano per verificare tutti i movimenti. Il sospetto è che ci siano state operazioni poco chiare e le opacità riguarderebbero appunto i rapporti tra parroci e imprenditori nel post-terremoto.

I GRUPPI DI LAVORO. C’è anche una gara falsificata per far vincere l’appalto a una ditta «amica», cosa poi avvenuta, tra le accuse alla funzionaria della direzione regionale per i Beni culturali Alessandra Mancinelli. Gli investigatori ipotizzano infatti l’esistenza di «cartelli di imprese», «gruppi di lavoro» tra progettisti e imprenditori, opportunamente individuati secondo canali specifici, per accaparrarsi gli appalti più ghiotti della ricostruzione. Squadre costituite volta per volta al fine di affidare i lavori propedeutici alla partecipazione alle gare. La Mancinelli, dunque, sarebbe stata «suggeritrice», «addetta alla pianificazione» e infine «procacciatrice di somme di denaro». Per quanto riguarda la gara truccata, sono indagati in concorso per soppressione, distruzione, occultamento di atti veri, falso materiale in atto pubblico e uso di atto falso la stessa Mancinelli e il romano Fausto Anzellotti, rappresentante della Solaspe srl, in associazione temporanea con la Baglioni srl per l’appalto della chiesa di San Silvestro (cinque milioni) Quanto agli altri appalti puntati, in primis il restauro del Forte Spagnolo (oltre 31 milioni), la chiesa di Sant’Agostino (9,7 milioni), Palazzo Margherita (circa 7 milioni). Riguardo alla gara truccata, annota il gip a pagina 3 dell’ordinanza custodiale: «Mancinelli e Anzellotti si organizzavano per integrare (e/o sostituire) un atto pubblico relativo alla gara d’appalto per la chiesa di San Silvestro (pur facendo riferimento nei messaggi del 30 settembre 2013 alla gara del Castello) dov’è risultata vincitrice l’Ati cui appartiene la società dell’Anzellotti, che aveva prodotto una proposta ove erroneamente nella prima pagina non era indicata la percentuale di ribasso (motivo di esclusione dalla gara); Anzellotti informava la Mancinelli di tale dimenticanza e quest’ultima ha sostituito, successivamente, quella corretta nel fascicolo dei documenti di partecipazione alla gara, al fine di non far notare alla Commissione che tale requisito formale fosse carente al momento del deposito (circa tre ore dopo la chiusura del bando stesso) al fine di arrecare un vantaggio all’Ati di non essere estromessa dalla gara per mancanza dei requisiti richiesti».

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