L'Aquila, case popolari: esplode la protesta degli inquilini
Ci sono centinaia di edifici Ater che da sette anni attendono di essere ricostruiti. Manifestazione davanti al consiglio regionale: «Basta cittadini di serie A e serie B»
L’AQUILA. Si sentono abbandonati, presi in giro, gli inquilini degli alloggi di edilizia residenziale pubblica aquilana. Famiglie dal reddito basso, spesso fuori dal mercato del lavoro, e tanti anziani che da 7 anni aspettano come sospesi in un limbo senza fine di sapere perché la ricostruzione procede per tutti, eccetto che per le case popolari. Cioè le case “del popolo”, quel popolo a dir la verità sparuto, ma battagliero, che ieri pomeriggio sotto l’ala del Movimento 5 stelle ha inscenato un sit-in di protesta davanti all’Emiciclo, sopportando la pioggia e anche il silenzio delle istituzioni. Perché l’unico, come da una settimana a questa parte, che ha lasciato lo scranno del consiglio per andare a sentire le loro ragioni è stato il consigliere grillino Domenico Pettinari. «Farò un’interpellanza a D’Alfonso», ha detto. «Non è possibile che con tanta gente in difficoltà né D’Alfonso, né il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, si siano mai interessati». Ancora promesse, che sono le benvenute, naturalmente, ma pur sempre parole, mentre ciò che chiedono Ennio Molina, 70 anni, Franco Marulli, 66, Luigi Bianchi, 63, Maria Crudeli, 74, Pina Calì, 50, e tanti altri, è di sapere come-quando-dove riavranno l’alloggio al quale hanno diritto. «Abbiamo costituito un coordinamento sulla ricostruzione di tutta l’edilizia residenziale pubblica», ha spiegato Antonio Perrotti, del Meetup di Beppe Grillo “Comitatus Aquilanus-Periferie unite”, «e chiediamo un impegno serio delle amministrazioni sulla ricostruzione dell’edilizia popolare, con un cronoprogramma che garantisca in massimo 5 anni il rientro di tutti gli affittuari, gli assegnatari e i proprietari nei vecchi alloggi». E perché questa ricostruzione non è avvenuta sinora? Chiaro il motivo, per Perrotti: «In tutti questi anni c’è stato il tentativo di esternalizzare i poveri e di promuovere operazioni immobiliari sui quartieri più baricentrici, come Valle Pretara, Banca d’Italia e via Amiternum, zone ben servite dove si vuole portare la gente più ricca». Accuse dure, tutte da verificare, alle quali si aggrappano gli inquilini che non si spiegano perché, ad esempio, per quanto riguarda i 2.152 alloggi Ater, ne sono stati recuperati soltanto 1.345, mentre 1.053 mancano all’appello, per un totale di 85 milioni di euro. «Soldi che non ci sono», ha rincarato Perrotti, anche se in realtà c’è uno stanziamento di 5 milioni di una delibera Cipe ai quali si aggiungono ulteriori 16 milioni stanziati di recente e ancora non usati dall’Ater. Sono 186 gli alloggi comunali danneggiati dal sisma. Sono state recuperate in tutto 4 palazzine: un po’ poche, in sette anni di caos. Domande sventolate negli striscioni e nei cartelli che riassumono tutto il disappunto dei cittadini: «Vogliamo le nostre case, vogliamo la nostra vita», «Casa provvisoria=vita sospesa», «Riqualificazione di San Gregorio sì, ma con i cittadini attuali». Ed è proprio il quartiere delle 111 case comunali di San Gregorio, su cui ci sarebbe un progetto in via di realizzazione, uno di quelli più fatiscenti e degradati: «Si sta perdendo tempo per fare un appalto-concorso per la progettazione», rincara Perrotti, «mentre basterebbe proseguire direttamente con un appalto».
Marianna Gianforte
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