L'Aquila, crollo di via Persichetti, nessun colpevole

Ancora una tragedia del terremoto senza colpevoli: assolti in tribunale l’imprenditore che fece i restauri e la committente. Anche il pm aveva chiesto di scagionarli. Due le vittime del crollo, le parti civili pronte a fare il ricorso
L’AQUILA. Ancora una tragedia senza colpevoli. Il giudice unico Guendalina Buccella ha assolto con formula piena i due imputati per il crollo di un antico palazzo di via Persichetti in seguito al sisma nel quale morirono due persone. Una sentenza che ricalca il processo per il crollo di via XX Settembre 79 finito con un’assoluzione per tutti.
E anche ieri è stato lo stesso pm Fabio Picuti a chiedere che i due imputati fossero scagionati. Si tratta di Francesco Zaccagno e Maria Lidia Zaccagno, rispettivamente nelle vesti di rappresentante della ditta che fece i restauri nel 1985 e come committente. Nella tragedia persero la vita Erminda Monti Vicentini e Amelio Zaccagno.
Picuti, che chiese e ottenne il rinvio a giudizio dei sospettati, ha fatto marcia indietro sulla scorta delle valutazioni peritali scaturite nel dibattimento. In sostanza non risulterebbe esserci nesso di causalità tra il crollo e i lavori di ristrutturazione fatti negli anni Ottanta. Si tratta di restauri decisi in seguito a un terremoto con epicentro nel Parco nazionale d’Abruzzo nel 1985, che però venne avvertito anche nel capoluogo di regione dove la paura fu tanta anche se non ci furono danni.
In sostanza nel processo hanno avuto buon gioco i consulenti della difesa anche in considerazione del fatto che si tratta di un palazzo realizzato secoli fa.
Uno dei consulenti l’ingegnere Andrea Cinuzzi, aveva affermato che la nuova copertura del solaio, che da lignea divenne di cemento, non aveva appesantito la struttura e dunque questo lavoro non ebbe alcuna incidenza sulla tragedia. A suo avviso il crollo ci fu per la scarsa consistenza dell’edificio con riferimento alla malta.
Il geologo Paolo Di Marcantonio aggiunse che la scarsa compattezza del suolo sul quale sorge il palazzo parzialmente crollato ebbe una sua incidenza: dunque la natura del terreno amplificò gli effetti del terremoto.
Queste valutazioni sono state supportate da altre considerazioni analoghe fatte dai difensori degli imputati, gli avvocati Roberto Madama del Foro dell’Aquila e Antonio Milo del Foro di Avezzano.
Ora si va verso un appello presentato dalle parti civili: «Siamo basiti e fortemente scossi dall'imprevisto risultato dell'ultima udienza, da questa decisione così inattesa - dichiara Angelica Vicentini, che nel crollo ha perso la madre - per il futuro attendiamo le motivazioni della sentenza e ci riserviamo il tempo utile e necessario per elaborare i prossimi sviluppi». La novità dell'ultima udienza è stata che lo stesso pubblico ministero titolare dell'inchiesta, Fabio Picuti, ha chiesto che i due imputati, titolari della ditta che negli anni '90 fece i restauri al palazzo, fossero scagionati. Gli imputati Francesco e Maria Lidia Zaccagno erano rispettivamente rappresentante della ditta che fece i restauri nel 1985 e committente dell'opera. Nel crollo del palazzo morirono Erminda Monti Vicentini, madre di Angelica, e Amelio Zaccagno, padre dell'imputato. «È stata fatta realmente giustizia perché gli imputati erano estranei ai fatti - dichiara l'avvocato Milo - il padre del mio assistito, in particolare, è morto nel crollo, anche noi siamo portatori di dolore». Insoddisfatta della sentenza, invece, la parte civile Vicentini. «Dopo 4 anni di accuse continue e sostenute e una pausa di 2 anni per l'incidente probatorio, all'ultima udienza c'è stato un cambio di atteggiamento e non abbiamo neanche potuto riflettere sulla strategia», fa notare. Il riferimento è alla decisione del pm Picuti, che chiese e ottenne il rinvio a giudizio dei sospettati, ma che ha fatto marcia indietro sulla scorta delle valutazioni peritali scaturite nel dibattimento. Non ci sarebbe infatti nesso di causalità tra il crollo e i lavori di ristrutturazione. Ad incidere nella richiesta assolutoria del pm e quindi nel convincimento del giudice, la perizia dell'ingegnere Andrea Cinuzzi, consulente della difesa che aveva affermato che la nuova copertura del solaio, che da lignea divenne di cemento, non aveva appesantito la struttura e dunque questo lavoro non ebbe alcuna incidenza sulla tragedia.
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