L'Aquila il giorno dopo: non ci fermeranno

Assemblea in piazza, dai comitati invito all'unità. «Noi consapevoli e determinati»
L'AQUILA. Uniti, consapevoli e determinati. Dopo le manganellate ricevute a Roma nel corso della manifestazione di mercoledì scorso, gli aquilani si sono ritrovati in un'affollata assemblea del giorno dopo in piazza Duomo, nel cuore della zona rossa. «La nostra manifestazione», sostiene Annalucia Bonanni, esponente del comitato 3e32, «ha dimostrato a tutti, anche al governo, che gli aquilani sono uniti, consapevoli e determinati. Siamo in mobilitazione permanente».
IL GIORNO DOPO. Centinaia di aquilani, tra cui parecchi dei partecipanti alla manifestazione nella capitale, ma anche altra gente andata in piazza Duomo per esprimere solidarietà e conoscere, da chi c'era, cos'è realmente successo, si sono confrontati anche sulla frase di Chiodi: «Manifestazione strumentalizzata». «La gente comune ha capito che, ormai, possono metterci contro solo la polizia. A Roma c'erano tanti delusi di questo governo, anche elettori di centrodestra ricreduti. Tutti hanno capito che la propaganda con gli aquilani non attacca più».
Quanto all'ennesimo annuncio del governo di un emendamento che fissa la restituzione in 10 anni delle tasse non pagate, a partire da gennaio 2011 e al 100% del totale, e non in percentuale come, invece, avvenuto per altre catastrofi italiane, l'esponente del comitato dice: «È poco, pochissimo. Non cambia niente. Nessuno ci dice cosa accadrà ai dipendenti e agli stipendi: insomma, la solita presa in giro. E tutto questo non fa altro che aumentare la partecipazione della gente. Non ci fermeranno».
GLI INFILTRATI. «Se c'erano infiltrati? Come no. Li ho visti io: Alessia la cuoca e Giulia l'infermiera della tendopoli di Fossa». Così Stefano Frezza di Epicentro solidale, movimento nel quale si riconosce anche uno dei feriti, Vincenzo il pizzaiolo, liquida la versione della questura di Roma che parla di «manifestanti estranei alle forze dell'ordine» e di «appartenenti all'area antagonista e di rappresentanti di centri sociali di Roma e L'Aquila che incitavano a forzare il blocco per strumentalizzare possibili disordini».
«Dieci giorni prima del corteo», racconta ancora Frezza, «abbiamo messo nella nostra rete di amicizie nate sotto il terremoto la notizia che il 7 saremmo stati a Roma. Hanno risposto amici dei collettivi universitari, non gente pericolosa né provocatori di alcun tipo. Ma quale area antagonista... Anarchici? Black bloc? Io non ho visto né vetrine spaccate, né poliziotti feriti, né prima né dopo le manganellate ai nostri, né cassonetti bruciati, né scritte sui muri. Niente di niente. Gli aquilani anche stavolta sono stati molto civili. Vincenzo? È dei nostri. Ha portato le pizze con la sua macchina quando c'era la tendopoli a Fossa. Sempre disponibile. Hanno colpito lui e gli altri, ma così facendo è come se ci avessero manganellato tutti. Siamo contenti per la riuscita della manifestazione ma rammaricati per quello che è successo».
LA POLIZIA AQUILANA. Per la prima volta, contrariamente alle precedenti trasferte romane, al seguito dell'ennesima grande mobilitazione annunciata da giorni, scortata e autorizzata, non c'erano funzionari della polizia aquilana al seguito. Questo ha impedito, tra l'altro, che le forze dell'ordine del capoluogo abruzzese, dal 6 aprile in poi presenti a ogni appuntamento, dalle carriole ai fiori piantati alla villa, facessero da cuscinetto coi celerini romani. L'ordine pubblico era lo stesso di una curva da stadio nel giorno del derby. Hanno provato a mediare parlamentari come Giovanni Lolli, che ha preso manganellate alla spalla insieme ad alcuni suoi familiari; amministratori come Massimo Cialente che ha preso un pestone o come Paolo Federico, vicesindaco di Navelli, che ha lasciato il figlio a casa con 40 di febbre per portare, in mezzo agli altri, anche il gonfalone del suo Comune; sindacalisti come Gianni Di Cesare, gettato a terra insieme agli altri del servizio d'ordine del corteo. Ma i manganelli si sono alzati lo stesso. Anche nella protesta contro il decreto Abruzzo ci fu un analogo blocco in via del Corso, ma allora la polizia non oppose la minima resistenza.
OFFESE SUI BLOG. Le manganellate dividono il popolo della rete. Alcuni lettori segnalano di aver trovato, «nelle pagine di Facebook del quotidiano il Giornale, vergognose offese nei confronti di noi aquilani definiti, tra l'altro, ingrati e lamentosi».
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