le motivazioni

L'Aquila, Piano Case: «La manutenzione avrebbe evitato il crollo dei balconi»

Le ragioni del Riesame sulla restituzione dell'ingente somma alle tre ditte: palazzine costruite bene e poi è stato tardivo il sequestro dei 18 milioni di euro

L’AQUILA. Il sequestro dei 18 milioni non andava fatto in quanto alla richiesta del 31 marzo 2016 «erano già decorsi cinque anni dalla data di consumazione del reato supposto». Ovvero l’azione (ma non l’indagine) era prescritta. E poi non era possibile quantificare la somma. I fabbricati, inoltre, non erano stati costruiti così male come si era ipotizzato. Queste, ma anche altre, sono le ragioni per le quali il Riesame ha restituito alle tre ditte che avevano realizzato il Piano case a Cese di Preturo, dove è crollato un balcone, l’ingente somma. In questa indagine ci sono 29 imputati. «Le perizie», si legge nella motivazione, «chiariscono senza fraintendimenti che le palazzine realizzate non presentano rilevanti difetti statici e sono perfettamente abitabili, evidenziando solo due profili di divergenza rispetto al progetto: una tecnica costruttiva che, in difformità al progetto, ha favorito il ristagno dell’umidità che ha portato al crollo dei balconi». Poi la mancata incollatura dei pannelli in legno tenuti solo con i chiodi. «L’esecuzione di opere parzialmente non conformi al progetto, non ha comunque comportato l’inutilizzabilità o l’inidoneità allo scopo delle palazzine realizzate, tutte ancora abitate tranne i casi di inagibilità derivanti dai limitati crolli. I consulenti hanno attestato l’idoneità statica delle costruzioni, le buone caratteristiche del legno impiegato, l’adeguatezza delle palazzine sotto il profilo antisismico e hanno spiegato che il crollo fosse riconducibile solo al ristagno di umidità». Poi, indirettamente, viene chiamato in causa il Comune per l’aspetto manutentivo. «Interventi di manutenzione e accorgimenti tecnici di adeguamento avrebbero evitato rischi di deterioramento e crolli». Stando così le cose, secondo i giudici, visto che non tutto era stato fatto male, non sarebbe possibile quantificare la somma cui mettere i sigilli.

Ma gli stessi giudici, va ribadito, hanno sostenuto che per la misura amministrativa era maturata la prescrizione di cinque anni oltre a non essere quantificabile in nessun modo.

Il caso giudiziario resta aperto anche se le tre ditte campane consorziate in Futuraquila hanno ottenuto ciò che volevano: la restituzione della somma. E poi c’è la prescrizione in arrivo ben prima che il procedimento possa essere definito. I legali dei ricorrenti sono Luigi Cavalli, Fabio Cavalli, Dario Visconti, Angelo Colagrande, Ettore Stravini. Si attende la fissazione dell’udienza preliminare per i 29 accusati.

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