«La città ha perso i suoi spazi sociali»

I comitati: nessun aiuto ai negozianti che hanno cercato di riaprire l’attività.

L’AQUILA. I comitati continuano a esprimere dissenso per le modalità scelte nella ricostruzione. «A sette mesi dal sisma», sottolinea Enza Blundo, dei comitati, «per una scelta ideologica di saltare la fase intermedia, passando direttamente dalle tende a case vere, evitando inizialmente i Map per L’Aquila e per le sue frazioni, nonché qualsiasi forma di modulo removibile, gran parte della popolazione aquilana continua a essere sottoposta a un pendolarismo difficile e pieno di disagi, che rende quasi impossibile una presenza attiva per far ripartire la città». «Lo shock subìto», aggiunge, «e la condizione precaria in cui versa gran parte della popolazione ha favorito un totale affidamento alle istituzioni e ha limitato di molto le capacità critiche e di analisi di quanto accadeva. La rabbia e l’orgoglio sono dolorosamente comprensibili e condivisibili di coloro che si vedono costretti ad allontanarsi dal proprio territorio o a utilizzare case non sicure pur di non perdere il posto di lavoro.

Si accresce quando si viene a conoscenza di tanti anziani, costretti a stare lontani dai figli e dai nipoti, nonostante aver già subito il dolore nel vedere i sacrifici di una vita distrutti in pochi minuti. La vita della città non può ripartire senza il suo tessuto sociale e i giovani che si ammassano, senza i necessari controlli, lungo la Statale 80 o nello spazio dell’Aquilone ci spingono a considerare l’importanza degli spazi sociali, che in questa apparente ricostruzione sono stati finora dimenticati. Chi ha cercato di riaprire le proprie attività commercialiè stato sottoposto spesso a cifre eccessive per gli affitti del terreno e non ha avuto quasi nessuna facilitazione dallo Stato». L’iter per la ricostruzione si è scontrato con vari ostacoli di tipo burocratico che hanno rallentato i tempi di inizio ed esecuzione dei lavori. Il sindaco Massimo Cialente analizza i motivi dei ritardi.

«Sui lavori nelle case», osserva, «siamo partiti in ritardo. L’ordinanza è del 6 giugno, poi per mancanza del prezzario siamo arrivati al 10 settembre con i progettisti rimasti al palo. Quindi il vero meccanismo di finanziamento delle B e C, e cioè l’accordo tra Cassa depositi e prestiti e Abi, in luglio, che ha eliminato l’ipoteca fino al 2032. Le linee guida sono del 28 luglio, durante tutto il mese di agosto si è iniziato a lavorare per mettere a punto il meccanismo tra la Fintecna, i consorzi Reluiss e Cineas e il Comune. Il 10 settembre i progettisti hanno cominciato ad avere problemi e ci sono stati ritardi.

Ai pochi cittadini che hanno presentato progetti le ditte hanno chiesto anticipi. Allora si è lavorato a un’ordinanza che autorizzasse il sindaco a concedere un finanziamento provvisorio. Le banche, però, non l’hanno dato. A questo punto il grande lavoro per convincere Cassa depositi e prestiti e Abi a dare 20mila euro subito. Nel frattempo sono arrivate le prime domande e abbiamo notato che Cineas tendeva a osservare quasi tutte le domande proposte nella parte economica. I progettisti hanno chiesto la proroga al 25 ottobre, poi al 30 novembre. Contemporanemente, su 4.200 progetti presentati, ne sono stati trasferiti alla Reluiss circa 3.700, il 70% dei quali è stato ammesso, il 30% cento osservato negli aspetti tecnici. Di quelli visti da Cineas, su 900, ne sono stati osservati 700 e passati 200. Ecco perché molti cittadini non sono partiti con i lavori».