La farmacia di Santanza da sei anni nel container

Contestata la scelta della nuova sede provvisoria situata in via Beato Cesidio La relazione tecnica: «L’agibilità rilasciata nel 1975 non parrebbe più valida»

L’AQUILA. Sembra senza soluzione la designazione di una sede dignitosa per la farmacia comunale di Santanza che dal post-sisma, ovvero da sei anni, si trova in un container, peraltro malandato, situato in via Vicentini e certamente inadeguato per custodire dei farmaci.

In previsione di realizzare entro qualche anno una nuova struttura a Piazza Italia, si è pensato, tramite appalto, di scegliere una sede provvisoria. La designazione è caduta su un locale a via Beato Cesidio. Ma la contestazione da parte di uno dei partecipanti all’appalto, Carlo Franchini, che aveva offerto un suo locale in viale della Croce Rossa dopo averlo riadattato, rimette tutto in gioco.

Tramite il suo legale, l’avvocato Francesco Carli, è stata fatta, a fine 2014, una segnalazione alla polizia urbana, nella quale si invita a fare delle verifiche su quell’immobile.

Questo anche sulla scorta di una sentenza del Consiglio di Stato che respinge il ricorso ma nello stesso tempo parla di «necessarie verifiche circa l’agibilità dell’immobile».

Il Comune, tramite un proprio funzionario, ha effettuato un altro sopralluogo su questo immobile e la relazione non sembra essere benevola visto che spuntano delle criticità. E sulla scorta di alcune valutazioni tecniche si dice che «l’agibilità rilasciata nel 1975 non parrebbe più valida».

«Sulla stregua delle vigenti norme urbanistiche», si legge ancora nella relazione, «le predette trasformazioni avrebbero dovuto essere preventivamente autorizzate previa richiesta di regolare permesso di costruire o altro idoneo titolo oneroso o equipollente. Inoltre l’edificio in parola, classificato E, inagibile a causa dei danni del sisma, avrebbe dovuto essere oggetto di regolare progettazione tecnica finalizzata all’autorizzazione onerosa dei lavori di restauro».

Ma, al riguardo, non sono state avanzate richieste.

Poi ci sono le conclusioni che sembrano inequivocabili. «Allo stato, l’immobile», si legge ancora nella relazione, «tenendo conto delle avvenute summenzionate modifiche strutturali, nonché probabili modificazioni avvenute nell’impiantistica dell’immobile, necessiterebbe di un nuovo regolare certificato di agibilità».

L’appalto, tra le altre cose, prevedeva un locale per la farmacia con superficie minima di cento metri quadrati e massima di duecento.

Qui, invece, secondo la relazione del tecnico comunale, ovvero il responsabile dell’Ufficio agibilità, la superficie netta calpestabile sarebbe di poco più di 88 metri quadrati.

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