La marsicana soldatessa del mare

Eliana Paris diventa tenente di vascello, pronta per le missioni militari

AVEZZANO. Nata alle pendici del Velino, accarezzata dal freddo pungente delle montagne abruzzesi, si ritrova a solcare gli oceani sulle poderose navi della Marina militare come la Vespucci e la San Giusto. Eliana Paris, 26 anni di Avezzano, è diventata tenente di vascello. Si è laureata a Livorno dopo una lunga gavetta e ora è pronta per le missioni militari.

Come è nata l'idea di diventare ufficiale della Marina?
«Studiavo Architettura a Pescara e sono stata sempre affascinata dal mondo militare. Mi piacevano le divise. L'unica forza armata che rispecchiava il piano di studi di architettura era la Marina. Così, per assecondare le mie aspettative e non buttare i due anni di università, ho scelto la Marina. Ho partecipato al concorso e quando l'ho vinto il mio comandante mi ha detto che mi vedeva adatta allo Stato maggiore e non al Genio navale. Mi son fidata di lui e sono entrata in Accademia per Scienze marittime e navali».

Come si è inserita in un mondo che apre alle donne, ma in cui è ancora prevalente la presenza maschile?
«Non è stato difficile perché ci hanno trattato in maniera equanime. Nel mio corso eravamo 150, di cui solo 20 donne. Non abbiamo ricevuto agevolazioni e neanche penalizzazioni. Speriamo per il futuro».

È la professione sognata fin da bambina?
«Non è che la sognassi, ma vedevo film, mi piaceva la divisa anche se non l'avevo mai pensata come a una cosa adatta a me. Un giorno stavo facendo una ricerca all'università e mi è capitato di consultare il sito della Marina. C'era un concorso e mi sono detta: proviamo».

In che misura l'amore per il mare incide su una scelta del genere?
«Io amo sia il mare, sia la montagna, ma per il mare ho una vera predilezione. Ho fatto anche l'agonistica di nuoto e mi piace lo sport».

Quale tipo di carriera ha davanti una ragazza giovane come lei?
«Io farò un corso di specializzazione a Taranto per 7 mesi, poi andrò a destinazione. Nei primi tre anni sarò imbarcata su una nave della Marina: a Taranto, alla Spezia o ad Augusta. Seguirò l'attività della nave. Se andrà in missione la seguirò, se rimarrà in porto resterò lì».

Che tipo di attività svolgerà?
«Sono specializzata in telecomunicazioni. A bordo ci sono tre ruoli e dipenderà dalle esigenze della Marina e dai posti a disposizione»

La sua famiglia l'ha appoggiata?
«Se non ci fossero stati i miei io non sarei riuscita ad arrivare dove sono. Anche nei momenti di difficoltà papà Mimmo e mamma Laura mi hanno sempre detto: "Vedrai che ce la farai". Senza il loro sostegno forse me ne sarei andata subito. Ho una sorella più piccola, Anna, che pensa a tutt'altro. Andrà all'università e non le piace l'idea della carriera militare».

Il fatto che in Marina esista una rigorosa gerarchia la preoccupa?
«L'ho sempre vista come una crescita per il mio futuro. Rispetto a tanti miei coetanei mi ritengo una privilegiata. Ho un lavoro di responsabilità, uno stipendio, un lavoro che mi fa viaggiare tanto, mi dà soddisfazione e mi piace. Certo, ci sono stati momenti difficili. Mentre i miei amici andavano a ballare io ero in Accademia a studiare e ad allenarmi, ma questa vita non l'ho mai vista come un togliere qualcosa, ma come un ricevere moltissimo».

A che ora iniziava e che tipo di attività ha svolto nella sua giornata da allieva?
«In Accademia sveglia alle 6 e poi corsa o piscina. Alle 8 colazione, alle 8.30 lezione fino alle 13, poi il pranzo e nel pomeriggio le attività professionali: vela, canottaggio, simulatore di plancia, conferenze. Dalle 17 alle 19.30 si studiava, poi la cena e il tempo libero fino alle 22.30. Se non eri consegnato si usciva il giovedì, sabato e domenica».

Un tenente di vascello come può conciliare l'amore se è in giro per il mondo?
«Si può conciliare, basta la forza di volontà di tutti e due. Sono fidanzata con Vincenzo, che tutti chiamiamo Enzo, un ragazzo di Bisceglie che è in Marina. Per una donna è più facile condividere questa esperienza con un collega che con un civile. Dire a un ragazzo: per 6 mesi non ti potrò chiamare non è facile. Per un collega è un po' più semplice accettarlo».

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