La voce degli aquilani a Roma: vergogna

14 Aprile 2011

La rabbia di Lolli e della Pezzopane: temiamo per la regolarità dei processi per i crolli

ROMA. La gente si accalca a ridosso delle transenne che filtrano l'accesso alla Camera, ma nessuno osa calpestare lo striscione nero posto al centro di piazza Montecitorio. Contiene i nomi e le foto di 12 ragazzi morti la notte del 6 aprile e la scritta «È triste leggere negli occhi di mamma e papà la certezza che neanche stasera tornerò a casa». Mentre il presidio grida «Vergogna, vergogna» ai politici di passaggio i familiari delle vittime del sisma restano in silenzio.

IL SIT-IN. Una lunga protesta davanti alla Camera tra cori fischi e comizi da «Speakers' corner», emulando gli angoli di Hyde park a Londra dove si alternano le persone che hanno qualcosa da dire.

La mobilitazione è stata promossa dal Popolo viola, dalle associazioni Articolo 21 e Libertà e giustizia e dai parenti delle vittime di diverse tragedie italiane: gli incidenti alla Thyssenkrup di Torino e alla Moby Prince, il disastro aereo della scuola di Casalecchio del Reno, oltre al deragliamento alla stazione ferroviaria di Viareggio e i crolli del terremoto all'Aquila e a San Giuliano di Puglia. Sono i viareggini i primi ad arrivare.

In testa alla delegazione c'è Daniela Rombi, presidente dell'associazione «Il mondo che vorrei» e madre di una delle 32 vittime. Nei suoi occhi si legge la paura di chi teme di non poter conoscere i nomi dei responsabili della strage del 29 giugno 2009.

«Non si può vivere un'ingiustizia così», spiega, «a prescindere da come andrà il processo siamo qui per dire che gestire la giustizia in questo modo rappresenta un'ingiustizia per tutte quelle persone che si trovano nella nostra situazione». E questo lo ribadisce a Daniela Santanchè, di passaggio per entrare in Aula. Più tardi, la parlamentare del Pdl viene apostrofata dai manifestanti con tanto di banconote in mano per dire «adesso ruba pure queste». Stessa sorte anche per tutti i ministri e i deputati della maggioranza che attraversano la piazza. «È stato proprio questo desiderio di giustizia», prosegue la signora Rombi, «che ci ha spinto a ritrovarci all'Aquila lo scorso 5-6 aprile, in occasione dell'anniversario, per fondare un comitato dei comitati a tutela delle istanze dei familiari delle vittime delle grandi tragedie».

GLI EMENDAMENTI. La gente in piazza ha contezza di quello che avviene dentro la Camera, solo quando i parlamentari escono e riferiscono. Tra i primi a scendedere - ancora prima dell'arrivo a Montecitorio delle delegazioni aquilane - oltre ad Antonio Di Pietro c'è Giovanni Lolli, fresco del suo intervento alla Camera in cui ha ribadito al ministro Angelino Alfano il pericolo delle ripercussioni che il provvedimento legislativo approvato in tarda serata potrebbe avere su tragedie come quelle di L'Aquila e Viareggio.

«Un tempo di prescrizione di 18 anni», spiega Lolli, «rischia di non essere abbastanza considerando le difficoltà di questi processi. Considerando anche che all'Aquila il processo avviene in un tribunale con le condizioni di quello di Bazzano, chi può prendersi la responsabilità di abbreviare i tempi?». Il suo intervento in aula è stato finalizzato a sostenere l'emendamento del Pd che escludeva il reato di omicidio colposo plurimo dalle prescrizioni. Un emendamento respinto in tarda mattinata. «Invito ora i familiari delle vittime», spiega, «a controllare i tabulati e capire quali parlamentari abruzzesi hanno votato a favore e quali contro». Nel frattempo, raggiunge la piazza una piccola delegazione del Comitato familiari delle vittime della Casa dello studente, guidata da Antonietta Centofanti. Arriva anche Sergio Bianchi, padre di Nicola uno dei 56 studenti universitari morti. Le sue valutazioni sono semplici ma devastanti: «Lo Stato non ha protetto i nostri figli e ora ci nega anche la giustizia, ci nega anche la possibilità di sapere perché sono morti. La giustizia», aggiunge, «funziona a due tempi, e persone comuni come me rischiano di essere penalizzate».

LA FASCIA. Spunta una fascia tricolore, è quella di Stefania Pezzopane. «L'istituzione del processo breve, così come concepito», spiega l'assessore comunale al megafono, «lede i principi fondamentali della giustizia e penalizza, in particolar modo, i parenti delle vittime del nostro terremoto». È poi Beppe Giulietti di Articolo 21, su invito di Gianfranco Mascia del Popolo viola a parlare di «prescrizione per pochi e proscrizione - intesa come negazione del diritto alla memoria».

IL VOTO. Ma è la questione relativa al voto a tenere banco. A Maurizio Paniz (Pdl) che invano prova a convincere i familiari delle vittime che il provvedimento legislativo non condizionerà i grandi processi, Antonietta Centofanti risponde seccata: «Siete tutti dei "marchettari" a servizio del potente di turno».

Mentre Lolli e la Pezzopane lasciano intendere che i parlamentari abruzzesi hanno votato secondo lo schieramento, Vincenzo Vittorini, presidente della Fondazione 6 aprile - che non ha partecipato al sit-in - interviene duramente con una nota: «La casta difende solo se stessa in spregio ai cittadini e ai loro territorio. I nostri parlamentari hanno preferito seguire ordini di scuderia dimostrando ancora una volta di voler difendere i propri corregionali solo davanti alle telecamere. Vogliamo chiedere a ciascuno di loro come si sarebbero comportati in aula se avessero avuto un figlio morto nel sisma. Con quale coraggio questi signori riprenderanno la strada per l'Abruzzo?».

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