Le ultime tende chiuse a Casentino

Sveglia all’alba per 13 sfollati, poi trasloco alla caserma Campomizzi.

SANT’EUSANIO FORCONESE. Hanno portato via dal campo le loro cose, sistemando nelle improvvisate valigie vestiti, scarpe e asciugamani. Poi hanno messo al sicuro anche la statua della Madonna della neve. Le ultime tredici persone che ancora si trovavano in tenda, a Casentino, hanno lasciato il campo ieri. Si chiude così l’esperienza tendopoli in Abruzzo. Quasi otto mesi che, nel bene o nel male resteranno nella storia di questa terra. Con 6mila tende distribuite 171 aree di ricovero e 40mila persone assistite al culmine dell’emergenza, le tendopoli hanno costituito una pietra miliare nella vita post-sisma. Nei campi - dove hanno convissuto persone di ogni tipo - si è concentrata la maggiore aggregazione sociale della vita del Cratere. Difficoltà, disagi quotidiani, proteste, ma anche momenti felici e amori sbocciati fra i più giovani e gli oltre 9mila volontari che sono passati.

LA SITUAZIONE. Attualmente ci sono circa 18mila persone distribuite fra alberghi e case private nell’aquilano e nelle altre province abruzzesi, mentre oltre 1.500 persone sono ospitate fra la scuola della Guardia di Finanza di Coppito e la caserma Campomizzi, dove sono stati trasferiti gli sfollati di Casentino. Altri 6.700 cittadini si trovano invece nelle abitazioni antisismiche del progetto Case e oltre 600 nei moduli abitativi provvisori. «Si tratta di un risultato importante», ha spiegato il responsabile dell’ufficio emergenze della protezione Civile, Fabrizio Curcio, «infatti nei terremoti passati ci sono state persone rimaste per molto più tempo nelle tende».

La chiusura delle tende era stata prevista per fine settembre ma è slittata di due mesi. «È stata la nostra scelta», spiega Titti Postiglione del dipartimento, «in maniera consapevole, di accompagnare il processo: abbiamo cercato di assecondare la volontà dei sindaci e delle comunità locali, stando però attenti che le tendopoli non divenissero un problema. Ecco perché abbiamo accelerato la chiusura di alcuni campi, al fine di evitare condizioni meteo avverse». Il bollettino non promette nulla di buono. Molti i cittadini che sono rimasti fino alla fine, perché non volevano allontanarsi dall’Aquila. «Siamo consapevoli», ha detto ancora Titti Postiglione, «che non c’erano le possibilità per dare una risposta a tutti quelli che chiedevano un albergo all’Aquila».

PROTESTE. Neanche la chiusura dell’ultimo campo è stata esente da proteste da parte di alcuni residenti che hanno contestato il modo come sono state condotte le operazioni di smantellamento. «Sono venuti a svegliarci alle 6.30 con i Carabinieri e la Protezione civile», spiega Renato Lolli, dicendoci che avrebbero smontato le tende. Se ci avessero detto di lasciare il campo per le 12, avremmo fatto trovare tutte le tende libere, ma invece hanno preferito trattarci quasi come dei criminali e si sono presentati qui con la forza pubblica, occupando il campo con i loro mezzi». Un’impressione condivisa da Giovanni Bianchi. «Abbiamo a che fare», commenta l’anziano residente del campo, «con la protezione incivile».