Lo studente e il calciatore uniti dal sisma

Il greco Vaios sepolto dalle macerie ritrova in televisione l’uomo che lo curò in ospedale: «È come un secondo padre»

L’AQUILA. Per Vaios la luce arrivò dopo sei ore passate sotto le macerie del terremoto dell’Aquila. Per Vincenzo la vita ebbe la meglio sulla morte in un grave incidente stradale sulla Statale 690, nella Valle Roveto. Per entrambi la cura dell’amore l’ha portata un padre.

Un uomo che è riuscito a dare coraggio e speranza a due venticinquenni in una camera d’ospedale, dove il destino li ha fatti incontrare, il 7 aprile del 2009.

È questa la storia di un giovane greco, studente dell’Università dell’Aquila, sopravvissuto al terremoto del 2009, e di Vincenzo Vado, all’epoca calciatore di serie D, che giocava con la squadra del Luco Canistro.

Il destino ha voluto che i due giovani si incontrassero, dopo due eventi terribili che hanno sconvolto le loro esistenze, e che tra di loro nascesse un legame profondo, indissolubile, suggellato dalla forza della solidarietà.

IL DONO IN TELEVISIONE. Oggi Vaios ha poco più di trent’anni e ha contattato la redazione della trasmissione Rai “Il dono”, condotta da Paola Perego e Marco Liorni.

Perché a sei anni dal terribile sisma ha sentito il bisogno di incontrare nuovamente Giovanni Vado, padre del calciatore, conosciuto nel 2009 all’ospedale di Avezzano.

Per il giovane greco è «un secondo padre, il padre italiano».

«A lui voglio donare la penna che mio padre mi ha regalato nel giorno della laurea», ha raccontato Vaios, «un dono per me prezioso, che esprime, però, che cosa provo per questa persona che mi ha donato tanto amore quando ero solo, non potendo avere nessuno accanto a me».

Nei due giorni successivi al terremoto, Vaios non è riuscito a contattare i suoi familiari. Che non sono potuti arrivare in Italia. «C’era già una forte crisi economica, non era facile spostarsi», le parole dell’ex studente.

L’AMICO IN OSPEDALE. Il calciatore Vado, che nel 2009 aveva 25 anni, era entrato all’ospedale di Avezzano alla fine del mese di marzo.

Con Vaios ha condiviso la stessa camera nel reparto di ortopedia.

Ma quando il giovane greco ha lasciato l’ospedale non si sono scambiati il numero di telefono. Non conosceva il cognome. Sapeva soltanto che il padre si chiamava Giovanni e che lui era un calciatore di una squadra abruzzese.

«Volevo solo dimenticare quello che avevo vissuto all’Aquila», spiega l’ex studente. «Per me è ancora difficile raccontare quello che ho vissuto in quelle sei ore sotto alle macerie».

«BUIO E SILENZIO». Vaios racconta i terribili istanti del sisma. «Sono momenti in cui non riesci a capire nemmeno se sei vivo o morto», ricorda Vaios. «Ho sentito un boato. L’armadio saltava dal pavimento. Poi il buio, il silenzio e un forte odore di gas. Ho tentato di scavare intorno a me con le mani. Non mi curavo del dolore alle dita provocato dai vetri rotti e dalle pietre».

Un racconto accorato che poi si conclude con un miracolo.

«Non mi rendevo conto se qualcuno poteva o meno sentire la mia richiesta di aiuto. Poi, però, ho sentito le grida dei soccorritori. Mi hanno tirato fuori, ho visto la luce e ho detto: sono vivo, sono rinato».

L’AIUTO DI GIOVANNI. «Quando sono arrivato ad Avezzano ero da solo», prosegue Vaios. «Le linee telefoniche erano andate in tilt. Solo dopo due giorni sono riuscito a contattare la mia famiglia. Ricordo di avere sentito un applauso. I miei piangevano. Ma sapevo che non sarebbero potuti venire da me. In quel letto d’ospedale, però, anch’io ho avuto chi mi ha riempito d’affetto, di calore umano. Era Giovanni, il papà di Vincenzo. Mi dava da mangiare, mi imboccava, come faceva col figlio. Per me è questo il vero senso della solidarietà, il vero senso dell’essere umano». Dopo il terremoto lo studente greco non aveva più nulla: niente vestiti né soldi. Ma ha avuto la fortuna di incontrare chi non lo ha lasciato solo e, senza pretendere nulla in cambio, gli ha donato la forza per andare avanti.

LA RICERCA. Con il calciatore compagno di stanza è nata una bella amicizia, che però si è interrotta una volta lasciato l’ospedale. Ma nei due ragazzi il ricordo è rimasto sempre vivo, l’uno dell’altro.

Vado vive a Reggio Emilia, è sposato e ha due bambini. Non fa più il calciatore. Quando la trasmissione televisiva si è messa a cercare lui e suo padre, un aiuto è arrivato anche dal quotidiano il Centro. Il conduttore del programma ha cercato nel librone della raccolta dei giorni immediatamente prima del terremoto dell’Aquila, custodito nella redazione di viale Corrado IV del capoluogo abruzzese, dove è stata girata una parte del servizio televisivo. Qui è spuntato fuori un articolo relativo all’incidente stradale. La ricerca è stata completata da Remo Ruscitti, finanziere avezzanese ed ex dirigente della squadra di calcio in cui all’epoca giocava Vado, individuata tramite un giornale on line regionale, curato da Angelo Colazzilli, che censisce tutti i dilettanti dei tornei abruzzesi.

L’INCONTRO FINALE. La storia ha poi avuto un lieto fine davanti alle telecamere. E quando il conduttore Liorni ha donato la penna di Vaios a Giovanni Vado, l’uomo ha detto: «Il suo ricordo di me è il più grande ringraziamento, ho voglia di riabbracciarlo anche io ma non c’è bisogno di dire grazie, l’ho fatto con il cuore». All’esterno di un locale c’è stato l’abbraccio. Vaios ha così incontrato l’ex calciatore e suo padre. I tre si sono stretti in un lungo e fraterno abbraccio, uniti per sempre da un legame che nessuno potrà spezzare più, come quello raccontato dalla canzone di sottofondo “Sempre e per sempre” di Francesco De Gregori.

Magda Tirabassi

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