Monsignor Antonini: anch’io sono contrario

4 Dicembre 2015

Il presule: questo progetto sarebbe un altro grave attentato alla bellezza dello skyline cittadino

L’AQUILA. Sulla vicenda del Ponte sulla città interviene anche monsignor Orlando Antonini, vescovo, originario di Villa Sant’Angelo e profondo conoscitore della città e della sua architettura religiosa.

Monsignor Antonini, in questi giorni si parla molto del progetto di viadotto tra Porta Napoli e la Mausonia. Agli aquilani pare non vada a genio, ma la Regione presenterebbe il progetto al Governo in tempi rapidi per l’approvazione. Lei cosa ne pensa?

«Devo essere contrario; soprattutto se, come ho visto sulla stampa, il viadotto fosse non ad arcate ma strallato, ovvero con alti pennoni e relativi tiranti controvento. L’opera inferirebbe un’altra brutta ferita al paesaggio del fiume Aterno e della sua valle, sarebbe un altro grave attentato alla bellezza dello skyline cittadino proprio adesso che si sta completando il restauro della sua suggestiva cinta muraria. Il centro storico aquilano è monumentale nei suoi singoli edifici religiosi e civili ma anche nel suo tutt’uno urbanistico racchiuso entro le Mura civiche. Lo si deve salvaguardare evitando di frapporre diaframmi di tal fatta al suo godimento. Già la recente conferenza organizzata da Italia Nostra ha molto opportunamente stigmatizzato il fatto che si sia tralasciato di decurtare e ridisegnare i pretenziosi alti caseggiati che spuntano lungo il circuito murario deturpando il profilo urbano storico. Non peggioriamo dunque le cose. Ne va del futuro dell’Aquila e del suo territorio».

I fautori del progetto sostengono però che esso è strategico, necessario per migliorare la viabilità del capoluogo e dei suoi collegamenti con la regione e con la Capitale.

«Col ponte che s’intende realizzare il peso del traffico intra-moenia su via XX Settembre da Porta Barete a Porta Napoli rimarrebbe tutto: dov'è l’alleggerimento? Solo una viabilità territoriale che aggiri ai suoi piedi il colle cittadino evitando l’ingresso entro le Mura di mezzi pesanti e meno pesanti migliorerebbe, diminuendolo, il traffico in città. Quanto all’accesso all’area industriale ovest e al nuovo centro commerciale, si tratta di ben pochi chilometri, la spesa non vale la candela. Non a costo, comunque, di compromettere quello che di più prezioso abbiamo: la bellezza paesaggistica e urbanistica, nostra unica risorsa e condizione per una maggiore qualità di vita di quanti abitano e abiteranno la città.

Lei ha detto che il viadotto di cui parliamo dovrebbe essere almeno del tipo a svelte arcate. Intende sia così anche per il ricostruendo ponte di Belvedere?

«Certo, anzi specialmente per il ponte di Belvedere, perché incombe d’immediato sul tessuto urbano antico. L’ho fatto ridisegnare a campate ad arco fin dal 2012 nella mia pubblicazione L’Aquila nuova negli itinerari del Nunzio, a pagina 70. La struttura in calcestruzzo resterebbe la medesima: verrebbero soltanto coperti alla vista i due lati del viadotto con leggere tamponature arcuate. Beninteso non sono contrario ad inserti moderni in un tessuto antico, tipo la piramide del Louvre. Ma devono armonizzare con le cubature antiche di contesto e per questo occorrono architetti di genio. Tutto ciò, sempre nell’obiettivo di una maggiore bellezza. Già adesso amici diplomatici stranieri che passando per Roma vengono a visitare la città e il suo contado dietro mio invito, affascinati dalla bellezza, appunto, della nostra arte e della nostra natura, alla fine se ne escono spesso nel desiderio di comprare qui casa. Figurarsi quanto sarebbero appetibili L’Aquila e i borghi ricostruiti più belli di prima».

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