Negozi in centro storico gli affitti salgono alle stelle

Cialente lancia l’allarme e sollecita una norma per tutelare i vecchi gestori: «Così rischiamo di trasformare tutti i locali in pub, cineserie e jeanserie»

L’AQUILA. «Rischiamo di diventare una seconda Gemona, nella distrazione assoluta delle associazioni di categoria». A lanciare l’allarme, sulla possibile desertificazione del centro storico, è il sindaco Massimo Cialente. La vicenda è quella delle attività commerciali del cuore della città, sfrattate nel 2009 dal terremoto e che rischiano di non tornare più negli stessi spazi, a mano a mano che la ricostruzione va avanti. Dove i locali sono già pronti, i proprietari degli immobili vorrebbero affittare, secondo il sindaco, a prezzi da capogiro. E questo in virtù di un comma inserito nella cosiddetta legge Barca, che prevede la risoluzione dei contratti stipulati prima del sisma, relativi ai beni immobili ricadenti nei comuni del cratere sismico.

«Quel provvedimento voluto dall’ex ministro Fabrizio Barca è stato un grosso errore», spiega Cialente, «perché annulla i vecchi contratti di locazione e dà la possibilità ai proprietari, che hanno ristrutturato i locali del centro storico con fondi pubblici, di chiedere ora cifre esagerate. Una vera e propria speculazione, con canoni che arrivano fino a 45 euro al metro quadro. Chi ha delocalizzato la propria attività in seguito al terremoto, con grandi sacrifici, rischia di non tornare più nei negozi storici, che erano un patrimonio della città e della sua identità». Cialente ha interessato del problema il ministro Carlo Trigilia, proponendo una norma da inserire in un futuro provvedimento legislativo: «Anche se con Trigilia non c’è un particolare feeling, in questo periodo, voglio andare avanti. I commercianti devono poter rientrare nei negozi, alle stesse condizioni contrattuali ante-sisma, almeno fino alla loro scadenza naturale e comunque per un minimo di 4 anni. Si tratta di una battaglia etica di tutta la città ed è veramente strano», sottolinea il sindaco, «che nessuna delle associazioni di categoria, sempre pronte a polemizzare, abbia finora speso una parola su questa vicenda». Il timore è che il centro storico, una volta ristrutturato, resti un deserto, come accaduto per Gemona dopo il terremoto del Friuli. Oppure che diventi facile preda di «colonizzatori» disposti a sborsare le cifre richieste: «Se non si corregge il tiro, vedo sempre più concreta la possibilità che in centro aprano solo pub, birrerie, jeanserie e cineserie. Un’immagine che non mi piace, significherebbe snaturare quel tessuto produttivo che fa parte della nostra storia. Spero», conclude Cialente, «che si muovano anche Confcommercio, Confesercenti e tutte le associazioni interessate».

Romana Scopano

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