Palazzo Margherita, contesa in Cassazione
Al vaglio dei giudici il ricorso della Provincia che rivendica la proprietà al Comune
L’AQUILA. Sarà la Corte di cassazione a decidere sulla proprietà di palazzo Margherita, attuale sede municipale, conteso da Comune e Provincia. L’edificio (ora inagibile), è al centro di una controversia civile tra i due enti locali che dura da quaranta anni.
La Corte di Cassazione sta per fissare l’udienza nella quale si deciderà definitivamente sulla proprietà dell’edificio. Infatti la Provincia, tramite l’avvocato sulmonese Luigi Di Massa, ha inoltrato, ormai da tempo il ricorso dopo che, oltre quattro anni fa, la corte di appello dell’Aquila decise che la proprietà fosse del Comune scongiurando un trasloco. La sentenza potrebbe essere pronunciata prima della fine dell’anno.
La controversia fu avviata intorno al 1970 quando palazzo Margherita, che fino a quell’epoca aveva ospitato gli uffici giudiziari, venne consegnato al Comune che ci fece la propria sede principale. Gli uffici giudiziari, infatti, traslocarono nell’attuale palazzo di giustizia di via XX Settembre, anche esso inagibile dopo il sisma, ma in fase di ristrutturazione per una spesa prevista di 30 milioni. Si spera di poterlo riattivare nel giro di un paio di anni anche se i danni del terremoto sono stati considerevoli. La Provincia avanzò la richiesta di proprietà dell’importante palazzo sulla scorta di vecchie documentazioni per le quali inizialmente, tramite una prima sentenza, le fu affidato anche se poi il Comune non abbandonò mai quei locali. Alla base della richiesta il fatto che diversi decenni orsono gli edifici giudiziari dipendevano funzionalmente dalla Provincia, un poco come adesso si verifica per le scuole.
Ci furono diversi anni di totale stallo della controversia anche se intorno alla fine degli anni ottanta il compianto consigliere provinciale Italo Grossi ribadì pubblicamente con toni molto forti l’opportunità che il Comune dell’Aquila rilasciasse spontaneamente il palazzo ma le sue richieste caddero nel vuoto.
Nel frattempo ci fu il ricorso in appello inoltrato dall’ufficio legale del Comune al fine di ottenere una volta per tutte la proprietà dello storico edificio. Si sono poi susseguite nel tempo moltissime udienze al termine delle quali venne disposta una perizia affidata a un religioso le cui conclusioni, in 350 pagine, hanno fatto pendere la bilancia a favore del Comune annullando la lontana condanna al rilascio dei locali emessa in primo grado: una sentenza che comunque non era esecutiva.

La Corte di Cassazione sta per fissare l’udienza nella quale si deciderà definitivamente sulla proprietà dell’edificio. Infatti la Provincia, tramite l’avvocato sulmonese Luigi Di Massa, ha inoltrato, ormai da tempo il ricorso dopo che, oltre quattro anni fa, la corte di appello dell’Aquila decise che la proprietà fosse del Comune scongiurando un trasloco. La sentenza potrebbe essere pronunciata prima della fine dell’anno.
La controversia fu avviata intorno al 1970 quando palazzo Margherita, che fino a quell’epoca aveva ospitato gli uffici giudiziari, venne consegnato al Comune che ci fece la propria sede principale. Gli uffici giudiziari, infatti, traslocarono nell’attuale palazzo di giustizia di via XX Settembre, anche esso inagibile dopo il sisma, ma in fase di ristrutturazione per una spesa prevista di 30 milioni. Si spera di poterlo riattivare nel giro di un paio di anni anche se i danni del terremoto sono stati considerevoli. La Provincia avanzò la richiesta di proprietà dell’importante palazzo sulla scorta di vecchie documentazioni per le quali inizialmente, tramite una prima sentenza, le fu affidato anche se poi il Comune non abbandonò mai quei locali. Alla base della richiesta il fatto che diversi decenni orsono gli edifici giudiziari dipendevano funzionalmente dalla Provincia, un poco come adesso si verifica per le scuole.
Ci furono diversi anni di totale stallo della controversia anche se intorno alla fine degli anni ottanta il compianto consigliere provinciale Italo Grossi ribadì pubblicamente con toni molto forti l’opportunità che il Comune dell’Aquila rilasciasse spontaneamente il palazzo ma le sue richieste caddero nel vuoto.
Nel frattempo ci fu il ricorso in appello inoltrato dall’ufficio legale del Comune al fine di ottenere una volta per tutte la proprietà dello storico edificio. Si sono poi susseguite nel tempo moltissime udienze al termine delle quali venne disposta una perizia affidata a un religioso le cui conclusioni, in 350 pagine, hanno fatto pendere la bilancia a favore del Comune annullando la lontana condanna al rilascio dei locali emessa in primo grado: una sentenza che comunque non era esecutiva.
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