Patate del Fucino, crollano i prezzi

6 Settembre 2014

Aziende al tracollo. Del Corvo (Ampp): «Bisogna associarsi e offrire un prodotto garantito»

CELANO. Il prezzo delle patate sprofonda e nel Fucino vige la legge del “chi può si arrangi”. Oggi i pataticoltori riescono a strappare un prezzo che va dai 6 ai 10 centesimi al chilogrammo. Una miseria che equivale a circa un terzo dei costi di produzione. I commercianti locali le rivendono a 16-18 centesimi ai clienti e le patate, poi finiscono sui banchi dei supermercati a circa un euro. Qualcosa, evidentemente, non quadra. La necessità di far funzionare meglio associazioni di produttori – o crearli laddove mancassero, ed è la situazione più frequente – diventa imprescindibile.

Altrimenti, rischia di emergere, come sottolinea Sante Del Corvo, direttore dell’Ampp (associazione marsicana produttori patate), «una sorta di concorrenza sleale tra i produttori che vendono direttamente i prodotti, saltando un passaggio – quello della commercializzazione – e chi invece, come le aziende serie, i consorzi e le associazioni agricole, rispetta criteri di sicurezza alimentare, regole ambientali nella gestione dei magazzini, assicurazioni per i dipendenti e tracciabilità del prodotto. Tutto questo, ovviamente, ha un costo che ci impone di offrire le patate sul mercato a un prezzo dai 20 ai 30 centesimi a seconda di imballo e altre condizioni di vendita». La situazione dei prezzi, poi, è direttamente collegata ai venti di guerra tra Russia e Ucraina. Le patate prodotte in Polonia e nei Paesi Bassi, destinate a quella zona dell’Europa, sono dirottate sul mercato europeo con un conseguente eccesso di offerta e un ulteriore abbassamento dei prezzi. Nel Fucino si coltiva oltre un milione e mezzo di quintali di patate. «Quest’anno la resa è superiore», spiega Del Corvo, «ma purtroppo la qualità non sempre è adeguata». Qualche problema anche sui sistemi di semina, che non sarebbero al passo con quelli degli altri Paesi europei. Le prospettive non sono incoraggianti, ma se non si segue l’esempio dei produttori dell’Emilia Romagna, dove l’associazionismo è la parola d’ordine, difficilmente la situazione nel Fucino migliorerà.

©RIPRODUZIONE RISERVATA