Piscicelli non ride più In galera l’autore della telefonata choc

«L’imprenditore sciacallo» da ieri è tornato nel mirino del folto popolo dei social network

L’AQUILA. Adesso Francesco De Vito Piscicelli non ride più. L’imprenditore «sciacallo», così lo ha definito il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze che lo ha arrestato nell’inchiesta sugli appalti del G8, è ora finito in galera dove avrà tempo e modo di ripensare a quella frase pronunciata la notte del 6 aprile che ha indignato gli aquilani e tutta l’Italia. Vale la pena di ricordare la «telefonata dell’orrore» con il cognato nella quale i due, come sciacalli, programmano di buttarsi sugli appalti della ricostruzione post terremoto dell’Abruzzo. Piscicelli riceve la telefonata di Pierfrancesco Gagliardi e pronuncia la frase incriminata: «Eh certo...io ridevo stamattina alle 3 e mezzo dentro il letto».

Di lui è stata anche intercettata una telefonata nella quale diceva di avere inviato camion e ruspe per lavorare all’Aquila. Ma di questo, per ora, non ci sono riscontri. Il fatto che l’imprenditore sia stato arrestato, quando forse pensava di farla franca, non appaga l’esigenza di giustizia, soprattutto morale degli aquilani, cui tutto il mondo ha riconosciuto grande dignità nella sofferenza per i 308 morti che, però, hanno fatto ridere Piscicelli. Gli è bastato pensare al malloppo che gli avrebbe potuto fruttare la ricostruzione.

Una dignità, quella degli aquilani, che si è palesata con l’invito a Piscicelli e alla sua cricca, da parte della popolazione di Onna, a trascorrere una mezza giornata nella frazione più colpita dai lutti per il terremoto, tra lacrime e macerie, per farlo riflettere. Ma questa dimostrazione di civiltà servirebbe a renderlo più umano? A leggere le poche righe con le quali il giudice lo descrive nell’ordine di arresto verrebbe da pensare che forse sarebbe inutile. «La sua personalità quale traspare dalle indagini», scrive il giudice, «è alquanto negativa, avendo più volte dimostrato di essere cinico e senza scrupoli». Come se questo non bastasse, chi ha solo letto sulla stampa le conversazioni intercettate si è fatto una certa idea. Ma a sentire l’audio viene da accapponare la pelle: l’ascolto della telefonata è più irritante della lettura del testo, cosa che non avviene quasi mai.

L’imprenditore, va detto, ha smentito di essere lui quello che rideva, bensì il cognato, definito la «metastasi della mia vita» ed ha inviato comunque una lettera di scuse per «quella frase scioccante». Ma non può bastare e lo sdegno degli aquilani non si ferma. Un esempio: ieri, una signora di Paganica ha telefonato in redazione per sapere in quale prigione l’uomo si trova per poterlo in qualche modo incontrare e dirgliene quattro. Contro Piscicelli si agita il popolo dei social network. Sul gruppo Facebook «Quelli che all’Aquila alle 3,32 non ridevano» che già la scorsa settimana aveva superato 70mila iscritti, ora sono stati centinaia i commenti, inutile specificare i toni, lasciati soltanto nella giornata di ieri.

In centro storico, inoltre, ora campeggiano tantissini manifesti con la scritta «Io che alle 3,32 non ridevo». E questi manifesti, adesso più che mai, si trovano nelle zone del centro che sovente vengono visitate da delegazioni italiane e straniere.
Inoltre è allo studio da parte di alcuni avvocati aquilani la possibilità di inoltrare denunce penali a carico di Piscicelli.

Ora spuntano decise anche le affermazioni di politici aquilani e personalità. «L’arresto rappresenta un passo importante», ha detto l’europarlamentare Rita Borsellino, sorella del giudice Paolo, in visita ieri all’Aquila. «A chi guarda questa vicenda solo superficialmente» ha spiegato «questo arresto può sembrare poca cosa, ma se si considera il dolore di tutti gli italiani onesti e di quanti in molte parti del mondo hanno realmente sofferto, immedesimandosi negli aquilani, immaginare che c’é stato chi ha riso pensando ai suoi di interessi ci fa toccare la profondità del baratro morale in cui questa Italia rischia di cadere». «Sulla storia della vergognosa telefonata», ha detto il sindaco, Massimo Cialente «credo che la riprovazione generale sia stata una punizione esemplare. E’ una brutta vicenda e sarà la magistratura a verificare i contorni e se c’é stata corruzione».

APPALTI G8.
Il relazione agli appalti del G8 all’Aquila il pm Alfredo Rossini afferma che per ora le indagini, che comunque proseguono, non hanno fornito spunti. Resta alto, a suo dire, il pericolo di infiltrazioni mafiose.