Pitari (Policentrica): serve l’urban center

La docente universitaria: gli incontri del Comune coi cittadini non sono vera partecipazione

L’AQUILA. Sulla questione Urban center interviene la docente Giusi Pitari (Policentrica). «Il fenomeno è connesso al cambiamento del quadro dei soggetti artefici degli scenari di trasformazione della città. Sulla scena urbana si sono, via via nel tempo, affacciati diversi attori, soprattutto nuovi stakeholders portatori di approcci innovativi nel contesto urbano e che, attraverso partenariati con soggetti consolidati (enti locali, imprese, consorzi privati, gruppi bancari) si inseriscono nella progettazione di interventi nel tessuto urbano. Per questo negli ultimi anni è stata riaffermata la necessità di favorire l’avvio di una nuova stagione di democrazia partecipativa e deliberativa nei processi di trasformazione della città, attraverso la promozione e lo sviluppo di luoghi deputati all’informazione, comunicazione, partecipazione. Tali luoghi dovrebbero costituire un’opportunità per le autorità locali, utili a sperimentare nuove forme di democrazia partecipativa, non limitata agli aspetti passivi di tipo comunicativo-informativo, ma finalizzata alla costruzione condivisa delle linee guida delle politiche urbane. È con tale prospettiva che Policentrica cerca di portare avanti un progetto di Urban center, «Una Casa della Città». Molte realtà, associazioni e cittadini continuano a muoversi secondo un comune denominatore: la volontà di decidere sul territorio dove si vive e si vivrà. All’Aquila, dove la ricostruzione appare sempre più come una sfida. Troppo spesso, però, le speranze di incidere e di condizionare le amministrazioni si rivelano infondate, perché i meccanismi di partecipazione sono solo consultivi, svuotati di potere decisionale. Quasi che il “condizionamento decisionale” dei cittadini, attraverso modalità sperimentate in altri luoghi, fosse solo una modalità di svuotamento dei poteri dell’amministrazione e non invece una ricchezza. Partecipare alle decisioni si è rivelato uno strumento non solo di nuova democrazia, ma anche e soprattutto una modalità di coinvolgimento e, quindi, responsabilizzazione, dei cui benefìci godono le città e i loro abitanti. L’attivazione di un dibattito costante, consente di stimolare l’interesse diffuso e di far maturare nei cittadini quella coscienza necessaria a definire il proprio ruolo e a progettare il proprio spazio in modo condiviso. Attraverso forme istituzionalizzate di confronto tecnico/culturale si costituisce la possibilità di superare il disinteresse dei cittadini. Una maggiore cultura urbana, può consentire al decisore politico una più puntuale percezione delle esigenze e aspettative dei cittadini e se ne arricchirà. Il fine ultimo dovrebbe essere la co-progettazione da parte dei cittadini delle politiche locali attraverso forme di democrazia diretta. Un percorso non facile, ma ambizioso, cui non dovrebbe sottrarsi l’amministrazione e neanche il cittadino. Una sorta di circolo virtuoso per avvicinarsi di più a una modalità di “vivere assieme”. La richiesta di una “Casa per la Città” non è solo una domanda di trasparenza e partecipazione, ma, molto più ambiziosamente, un percorso, virtuoso, che aggiunge conoscenza; questa viene messa a disposizione di una città che, nella peculiarità del post-sisma, si ritrova a “ripensarsi”, anche come comunità. Gli incontri che l’amministrazione sta svolgendo coi cittadini, non posseggono i fondamenti di una vera partecipazione, perché questa è soprattutto impegno, studio, progettazione e condivisione. “Partecipare”: prendere parte a un determinato atto, processo; essere parte di un organismo, di un gruppo, di una comunità».