RINASCITA DI ONNA, UN PRIMO VAGITO

3 Maggio 2013

Parte il cantiere per la ricostruzione della chiesa e apre il centro della memoria: tutto grazie all'impegno del governo tedesco

ONNA. Un paese cancellato dal terremoto non può essere ricostruito. Può solo rinascere dalle ceneri intrise di un dolore infinito, dal vento libero di scorazzare per vicoli senza barriere, dall’eco che rimbalza fra muri divelti e che racconta di grida spezzate che si sono perse nel buio di una notte senza alba. Dalle 3.32 del sei aprile del 2009 Onna non è più. Quaranta dei suoi abitanti se ne sono andati mentre dormivano in attesa di un nuovo giorno carico di sogni, fatiche, sofferenze. Il terremoto ha spazzato via tutto, senza pietà, senza fermarsi nemmeno davanti a una bimba di sei mesi.

Oggi in quel borgo non ci sono più neanche i fantasmi. Si sente al mattino solo la campanella che guida il gregge al pascolo. Ogni tanto, il fruscio di una macchina che si ferma in una strada sconfinata va a turbare il niente di una realtà svanita sulla quale chissà quando tornerà a sorgere il sole. Sul fondo della Conca aquilana, carica di storia e bellezze naturali, c’è qualcosa di impalpabile, un luogo non luogo, dove anche la memoria stenta a ritrovarsi.

Eppure da oggi accadrà qualcosa. Sarà come ascoltare il primo vagito di un bimbo: è un suono indistinto ma ben riconoscibile, non ne capiamo il significato ma sappiamo che è il segno della vita che non si arrende e che guarda al futuro. Quel vagito pian piano diventerà parola, la parola un discorso compiuto. Quel neonato in pochi anni sarà un uomo o una donna a cui affidare la speranza che nulla può essere cancellato se c’è la voglia di lottare anche contro morte e dolore. Oggi a Onna ci saranno due ministri (tedesco e italiano), varie autorità, prelati. Ma ci saranno soprattutto gli onnesi che vedranno l’apertura di un cantiere che nel giro di qualche anno dovrebbe far rinascere la chiesa parrocchiale devastata dall’orrendo scossone.

Quell’edificio sacro è carico di significati : è lì che generazioni di onnesi hanno pianto, hanno pregato, hanno chiesto grazie invocando la Madonna rappresentata in una bella statua lignea che risale a oltre 500 anni fa. Qualcuno si chiederà: ma non sarebbe stato meglio partire dalle case invece che dalla chiesa? Giusta domanda. E infatti se non ci fosse stato un intervento esterno la chiesa di Onna avrebbe dovuto attendere decenni prima di essere ristrutturata, destino che forse toccherà alla gran parte degli edifici di culto piegati dal terremoto.

Quasi tutto quello che a Onna è stato realizzato negli ultimi quattro anni lo si deve alla solidarietà giunta dalla Repubblica federale di Germania. Per la chiesa, il governo tedesco ha messo a disposizione sin dal 2009 oltre tre milioni di euro. L’obiettivo iniziale era che il cantiere dovesse aprire nel 2010 ma poi ci si è messa la burocrazia italiana a bloccare tutto (come sta facendo per la ricostruzione delle case) . C’è voluta tutta l’autorevolezza dell’ambasciata tedesca in Italia per far sì che i lavori non subissero altri , ulteriori, ritardi.

Nel 2009 alla guida dell’ambasciata c’era Michael Steiner, un uomo al quale gli onnesi non finiranno mai di dire grazie. Fu lui quando seppe della tragedia a rimettere in moto la storia. Quasi settanta anni fa Onna fu vittima di un’atroce rappresaglia. Uomini dell’esercito nazista in ritirata, con l’appoggio di personaggi legati al fascismo, uccisero 16 persone. Le fucilarono e poi fecero esplodere la casa in cui era avvenuto l’eccidio. Una settimana prima a cadere sotto i colpi di pistola esplosi da un maresciallo tedesco era stata una ragazza di appena 16 anni.

Steiner arrivò a Onna senza squilli di tromba deciso però a trasformare quel «male» di settanta anni fa in un «bene» per gli onnesi sopravvissuti a un’altra terribile catastrofe dovuta al terremoto ma nella quale anche gli uomini hanno evidenti responsabilità. L’intervento tedesco è stato importante e soprattutto non c’è stata una promessa che non sia stata mantenuta: Casa Onna, il piano di ricostruzione, il cantiere della chiesa, il centro della memoria, l’info box. Tutte realtà che punteggiano la desolazione di case sparite, di pezzi di vita portati via dal vento insieme alla polvere delle macerie.

Sempre oggi dopo il taglio del nastro che darà ufficialmente il via ai lavori della chiesa verrà inaugurato il luogo in cui sarà conservata la memoria di un borgo piccolo ma che è carico di suggestioni, emozioni, nostalgie, malinconie, rimpianti. Tutto legato a vicende millenarie caratterizzate dalla presenza costante dell’acqua (da cui il nome Onda e poi Onna), madre e matrigna allo stesso tempo. Dentro l’edificio, che è stato per decenni una scuola dell’infanzia, il passato, remoto e recente, sarà raccontato e reso fruibile a chi magari il paese non l’ha mai conosciuto o ne ha visto solo i resti.

E’ un vagito. Un segnale. Ma è da lì che si riparte. La strada sarà lunga. Il progetto messo a punto dalla ditta vincitrice della gara d’appalto, la Conscoop, sarà svelato agli onnesi forse già oggi. La speranza è che sia certamente luogo di culto ma anche un percorso nella storia dell’arte e uno scrigno di tesori che valgono non solo per la qualità artistica ma soprattutto per la pietà popolare di cui sono impregnati. Certo non si può dire che gli abitanti di Onna siano stati coinvolti a pieno nella messa a punto del progetto. Ma ora polemizzare è inutile. Domani qualcosa accadrà. Quel vagito romperà il silenzio. Il bimbo crescerà, ma dovremo accudirlo tutti. Un po’ per ciascuno.