Rissa sul terreno di gioco dopo L’Aquila-Sambenedettese: 22 ultras indagati

Gli scontri lo scorso 26 gennaio dopo il match vinto 3-0 dalla formazione marchigiana
L’AQUILA. L’onda lunga del post-partita di L’Aquila-Sambenedettese giunge a un punto di svolta. Si sono infatti concluse le indagini preliminari a carico di 22 tifosi, tutti abruzzesi e marchigiani, che il 26 gennaio scorso si resero protagonisti della maxi-rissa avvenuta sul terreno di gioco del Gran Sasso d’Italia, al termine dell’incontro tra le allora prima e seconda della classe, sotto gli occhi di migliaia di spettatori ancora sugli spalti.
Nove mesi di tempo utili agli agenti della Digos dell’Aquila, coordinati dal dirigente Roberto Mariani, a identificare chi e in quale misura abbia effettivamente preso parte a quella zuffa tra ultras combattuta a cinghiate e bastonate in una porzione di campo tradizionalmente riservata a esterni e terzini, e invece trasformata, al triplice fischio dell’arbitro, nell’inedito teatro di violenze.
Un’opera di identificazione, quella condotta dagli investigatori, complicata dal fatto che diversi indagati hanno partecipato agli scontri a volto coperto. Dettaglio, questo, capace di costituire di per sé ulteriore motivo di contestazione da parte del pubblico ministero, Ugo Timpano, titolare del fascicolo d’indagine. I reati per i quali sono stati tutti iscritti nel registro degli indagati vanno infatti dall’invasione di campo, alla rissa con l’aggravante di aver commesso il fatto in occasione di manifestazione sportiva, fino all’utilizzo di «petardi, bastoni, aste di bandiere e cinte, in modo da creare un concreto pericolo per le persone». Una quindicina quelli poi che si sono avvalsi di «mezzi atti a rendere difficoltoso il riconoscimento».
Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari del pm si fa infatti esplicito riferimento a diversi soggetti che si sarebbero premurati di indossare «lo scaldacollo alzato sul volto», unitamente al cappuccio, in modo da rendere difficile il riconoscimento.
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