Santo Stefano di Sessanio, strada chiusa: «Così uccidono il turismo» 

Manifestazione sul cumulo di sassi che impedisce il transito per Campo Imperatore: «Non c’è alcun pericolo, qui viene chi vuole vivere la neve con ciaspole e sci da fondo» 

L’AQUILA. Decine di manifestanti, operatori commerciali e turistici del comprensorio montano, si sono ritrovati ieri mattina sulla strada provinciale 97 per la chiusura della strada che da Santo Stefano di Sessanio porta a Campo Imperatore. “#Io Vivo il Gran Sasso” è il nome del comitato che si è appena formato e che, nella sua prima uscita, ha scelto la strada chiusa da un mucchio di pietre su cui decine di persone si sono arrampicate per mostrare il loro disappunto.
«Da tempo in questa zona», ha spiegato Stefano Cappelli, leggendo un documento che è stato poi portato all'attenzione dei sindaci del comprensorio, «piccoli operatori stanno ragionando sul futuro del turismo sul Gran Sasso. Ma queste chiusure continue bloccano ogni possibilità». Subito dopo la protesta, gli operatori sono andati nella sede del comune di Santo Stefano di Sessanio, dove hanno incontrato i primi cittadini di Santo Stefano e Castel del Monte, Fabio Santavicca e Luciano Mucciante. «Noi proponiamo un turismo lento», ha detto Cappelli, «dove il territorio accoglie l'ospite con le proprie usanze e tradizioni», ma questi buoni proposti si scontrano con una politica che non aiuta gli operatori. «Ogni inverno qui le strade vengono chiuse», dice Paolo Baldi, operatore di Rocca Calascio. «Si sono spesi milioni di euro per fare il tunnel a Campo Felice, 30 milioni per i nuovi impianti a Roccaraso, e non ci sono soldi per il gasolio e per pagare il personale dei mezzi che devono tenere aperte le strade verso il Gran Sasso. Le vie che possono portare gli utenti a Campo Imperatore sono sempre chiuse e la situazione è peggiorata nel corso degli anni. Negli anni ’90», ricorda Baldi, «c'era una grande affluenza di sciatori che andavano per lo sci di fondo a Racollo e Fonte Vetica. Adesso, invece, per noi quattro scemi che siamo qui, ci dicono che è pericoloso» in un'area, che, giurano i manifestanti, non conosce slavine. «Non chiediamo di avere impianti, ma solo strade aperte per avere turisti che vivono la neve, con le ciaspole o gli sci da fondo». Nel corso dell'incontro con i sindaci è stata ipotizzata una parziale soluzione. Un anello aperto per permettere ai turisti di andare in quota in sicurezza. Sul tavolo restano molti altri problemi, come quello dei cinghiali che divorano il lavoro degli agricoltori d'alta quota.(r.p.)
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