«Se chiude il tribunale perde tutta la Marsica»

Intervista a Ranaldi, presidente dell’Ordine degli avvocati di Avezzano «Confido nell’aiuto del futuro governo, rivedere la legge sulla soppressione»
AVEZZANO. Il tribunale di Avezzano, inaugurato nel 1862,dopo un secolo e mezzo rischia oggi la chiusura, costringendo 36 Comuni a far capo per l'amministrazione della loro giustizia all'Aquila. Il tribunale che ha continuato a funzionare tanto dopo il terremoto del 1915, quanto dopo i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, grazie alla volontà degli stessi magistrati che vollero subito riprendere il loro ministero, pur in mezzo a disagi di ogni genere, fra tre anni esatti sarà soppresso. Come previsto dal governo Monti. Eppure non ci rassegneremo. Nel nostro territorio è necessario trovare tutte le soluzioni possibili per mantenere e addirittura potenziare il servizio della giustizia. È un presidio permanente per combattere tutte le organizzazioni malavitose provenienti dai vicini territori di Napoli, Caserta e Frosinone, oltre a quelle presenti nel territorio della Marsica, come dimostrano le recenti inchieste. Per saperne di più abbiamo intervistato l'avvocato Sandro Ranaldi, presidente dell'Ordine degli avvocati, e l'avvocato Herbert Simone, segretario dello stesso Ordine.
Il nuovo governo potrebbe ribaltare la decisione dell'accorpamento dei tribunali già presa da mesi e differita solo nei tempi (tre anni)? Quali passaggi parlamentari saranno necessari?
«C'è la possibilità che il governo intervenga entro due anni dell' emissione della legge,rivedendo la questione della circoscrizione giudiziaria, analizzando magari anche altri parametri; ad esempio il numero di cause, la produttività o la specificità del territorio, che fino ad adesso non sono stati presi in considerazione. La possibilità di rivedere questa legge c'è sia a livello parlamentare che governativo. C'è anche una proposta di legge di iniziativa popolare che è stata presentata al Senato, che riguarda tutti i tribunali ed è stata presentata al Senato».
Nell'ottica del risparmio e della spending review quale la ricetta per non penalizzare il lavoro della giustizia e renderlo sostenibile dal punto di vista economico?
«La chiusura del tribunale non comporta un risparmio, anzi potrebbe portare ad un aggravio di spesa da parte dei cittadini. Una forma di risparmio potrebbe essere l'informatizzazione degli uffici ».
Perché il tribunale di Avezzano, più grande di quello dell'Aquila per mole di lavoro, viene accorpato a quest'ultimo?
«Il tribunale di Avezzano già dal settembre 2012 è accorpato a quello dell'Aquila a tutti gli effetti. Il tribunale di Avezzano, pur essendo numericamente più grande di quello dell'Aquila, non si è salvato perché quest'ultima è capoluogo di provincia. La legge impedisce la chiusura del tribunale del capoluogo di provincia. Bisognerebbe però ricordare che il tribunale di Avezzano è il terzo tribunale d'Abruzzo per mole di lavoro, che serve una popolazione anagrafica della Marsica di circa 140mila abitanti con un ammontare di circa 40.000 cause all' anno. Il tribunale dell'Aquila ne lavora circa 25mila».
Avete intenzione di sensibilizzare ancora l'opinione pubblica sui rischi che comporterebbe la chiusura del tribunale per il territorio della Marsica, mediante altre manifestazioni, magari coinvolgendo anche i ragazzi delle scuole della città?
«Continueremo a manifestare non solo all'Aquila, ma anche a Roma affinché il tribunale venga mantenuto. Ci rivolgeremo ai candidati per le prossime elezioni politiche affinché si adoperino per la causa del Tribunale, dato che adesso non stanno facendo nulla. Abbiamo intenzione di rivolgerci soprattutto alle scuole, partecipare alle assemblee per far conoscere agli studenti non solo i problemi del tribunale, ma anche dell'avvocatura e della giustizia in generale».
Quali iniziative potrebbero essere utili al riguardo?
«Iniziative come convegni, mobilitazioni e assemblee, anche perché non siamo rassegnati e continueremo a lottare. La chiusura del tribunale di Avezzano rappresenterebbe una sconfitta per il territorio».
Francesca Giannini
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