Sedicimila senza lavoro

Confindustria e sindacati: risorse oppure è la fine.

L’AQUILA. Sedicimila persone senza lavoro. Ottomila tra autonomi e precari senza sussidio. Duemila piccole imprese artigiane, commerciali e dei servizi ferme al palo. Ottocento negozi del centro danneggiati dal sisma. Silenzio tombale sulla zona franca. «Ci sono le case ma se chi ci abita non lavora non serve a niente». A parlare non è il sindacato, ma Confindustria che lancia l’allarme.

LA DENUNCIA. Il direttore di Confindustria L’Aquila Antonio Cappelli va dritto al cuore del problema. «Corriamo il rischio, dopo aver avuto le case promesse, di avere il deserto, senza nessuno che ci abita perché qui non si lavora. Si parla di tutto meno che di attività produttive. La zona franca? Non se ne sa nulla. Ma non basta solo quella. Servono altri aiuti all’economia. Altrimenti tra 3-4 anni tutti quelli che stanno elogiando, ora, l’operato del governo dovranno purtroppo ricredersi. L’Aquila sarà un deserto. È la realtà dei fatti, non è una disamina catastrofica. Abbiamo fatto riunioni con le categorie, col prefetto Gabrielli. La sospensione delle tasse non basta. È un pezzetto di tutta l’operazione. L’abbiamo ripetuto anche a Fini che ci ha ricevuto alla Camera. Tra commercio, piccoli artigiani e società di servizi si arriva alle duemila piccole imprese ferme al palo.

Le grandi, per fortuna, se escludiamo Thales e Selex che hanno i loro problemi per ricostruire gli stabilimenti, ma in parte si sono riattivate in altri siti, hanno retto l’urto del sisma. Tiene il farmaceutico, come anche il metalmeccanico di Bazzano. Il sistema industriale è tornato ai problemi di prima del 6 aprile ma i piccoli sono tutti in sofferenza estrema. Se non si sbrigano i politici a fare iniezioni serie alla piccola economia già presente che deve ripartire o a chi deve arrivare, la città sarà un deserto. Lo dice un non aquilano che qui ha scelto di vivere».

GLI OTTOMILA. Come la quota di una montagna inarrivabile, sono tanti i professionisti, i commercianti, gli autonomi e quelli della galassia del precariato che sono senza soldi. Da luglio non prendono più neppure il sussidio temporaneo di 800 euro al mese passato come una meteora. Il piccolo commercio e l’artigianato hanno avuto pochissimo sostegno. La cassa integrazione dell’industria (dato di dicembre) annovera 4500 persone. Ma la massa che preoccupa è quella degli 8mila, tra autonomi e precari, che fluttuano nel limbo. Per non parlare del commercio in centro che ha stangato almeno 800 attività, 300 delle quali hanno fatto domanda per potersi allocare altrove, ma ben 500 sono quelle che non hanno ripreso.

La zona franca urbana non arriva, e questo preoccupa i sindacati. «Il quadro è nerissimo», sostiene Umberto Trasatti (Cgil). «Stiamo andando andiamo avanti con la cassa integrazione in deroga già deliberata fino alla fine di gennaio. Tra cassa in deroga, ordinaria e straordinaria ci sono 16mila persone, ma in questo dato ci sono anche quelli che hanno avuto il trattamento per tre mesi con 800 euro, e poi i cosiddetti rapporti di lavoro parasubordinato, a progetto, cocopro e cococo. I soldi per finanziare la cassa prima non sono stati sufficienti. Abbiamo già chiesto di riconvocare la commissione regionale per le ulteriori proroghe per i mesi successivi. Gli ultimi dati dell’Inps regionale e dell’Istat parlano di 1500 imprese in meno in provincia dell’Aquila rispetto a un anno fa. Quasi tutte stanno nel cratere e in particolare all’Aquila: ecco gli effetti del sisma».

DISOCCUPAZIONE. Per la Cgil, presto anche un altro dato salirà grazie agli aquilani: la disoccupazione. «Molti stanno passando dalla classifica della cassa integrazione a quella delle domande di disoccupazione. Significa che hanno perso il lavoro. Ci sono centinaia e centinaia di persone in questa condizione. Per questo ribadiamo che la priorità assoluta è il lavoro. Giustamente abbiamo discusso di alloggi, progetto Case e ricostruzione. Ma se insieme non ci sono provvedimenti sul lavoro ragioniamo di aria fritta. Dopo 9 mesi non si è fatto nulla. Se oggi volesse venire un’impresa a investire qui non troverebbe alcuna convenienza: questo è il dramma. Va definita in tempi rapidissimi l’operatività della zona franca urbana. A oggi non c’è nulla: solo chiacchiere.

Servono altre risorse, con investimenti consistenti a sostegno delle attività produttive e del lavoro. Dei 4 miliardi di euro di fondi Cipe previsti, almeno 300 milioni devono essere subito messi a disposizione per il rilancio. Un’azienda metalmeccanica che doveva investire sul sito ex Finmek è andata altrove perché è lì che ha trovato convenienze. La zona franca, però, non interviene sulla media e grande azienda, ma sulle piccole imprese di nuova costituzione. E alle vecchie chi ci pensa? Sono centinaia quelle che non hanno ripreso l’attività a seguito del sisma. Attualmente non ci sono gli strumenti per ripartire».

LA MOBILITÀ. Secondo la Cgil, «molte famiglie, con dipendenti nel pubblico impiego, hanno utilizzato la mobilità per trasferirsi altrove. La città rischia di spopolarsi. È necessario che, tutti insieme, le forze sociali, imprenditoriali e gli enti, anche con la nuova governance dei poteri locali, si faccia una battaglia nei confronti del governo per reperire risorse per il lavoro, in un territorio già pesantemente colpito dalla crisi ben prima del sisma», conclude Trasatti. La gran parte della cassa integrazione riguarda il settore metalmeccanico, quella in deroga è per il commercio e le altre categorie. I sindacati hanno chiesto di aumentare (da 52 a 104 settimane) il periodo di cassa integrazione ordinaria consentito.

LE ISOLE FELICI. In una condizione di crisi che, secondo gli analisti, si farà sentire ancora nei primi mesi del 2010, si salva, in città, il settore farmaceutico. In attesa della firma del contratto di programma alcune aziende, come la Sanofi Aventis, che ha uno stabilimento a Scoppito, e la Menarini, il cui sito confina con quello di Dompè a Pile, nel post-sisma hanno avviato e, in certi casi, completato, il percorso di stabilizzazione del personale. In ripresa il settore gomma-plastica, che deve fronteggiare un calo di commesse.