Sisma L'Aquila, crollo Convitto Quattro anni all’ex preside

28 Dicembre 2012

Bearzi dovrà anche pagare una provvisionale di 200mila euro alle parti civili. Assolto il dirigente provinciale Mazzotta

L’AQUILA. Quattro anni di reclusione all’ex preside del Convitto nazionale Livio Bearzi, assoluzione per l’altro imputato, il dirigente provinciale Vincenzo Mazzotta. Questa la sentenza pronunciata alle 21,42 di ieri dal giudice unico Giuseppe Grieco nell’ambito del processo per il crollo del Convitto nella notte del terremoto del 6 aprile 2009 e in cui persero la vita tre minorenni: Luigi Cellini di Trasacco, e due stranieri Marta Zelena e Ondrey Nouvosky. Tutti di età compresa tra i 15 e i 17 anni. Al momento del pronunciamento del giudice, al termine di un’udienza durata dieci ore, l’imputato assolto Mazzotta è scoppiato in lacrime abbracciando il padre Antonio, avvocato che lo ha difeso nel corso del procedimento insieme al collega Gianfranco Iadecola. I pm Fabio Picuti e Roberta D’Avolio avevano chiesto la condanna a quattro anni di reclusione per entrambi gli imputati. Il giudice ha condannato Bearzi anche all’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici oltre al pagamento dei danni alle parti civili, rappresentate dagli avvocati Antonio Milo e Domenico Ricci disponendo una provvisionale di 200mila euro.

Il preside e il dirigente della Provincia (ente che gestisce alcune strutture scolastiche) erano imputati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Il preside non avrebbe mai sottoposto la vecchia struttura ai restauri. Inoltre non sarebbe mai stato redatto un piano per la sicurezza. A Mazzotta erano mosse contestazioni simili. Tra le accuse al preside la mancata evacuazione dell’edificio realizzato oltre un secolo fa.

L’avvocato di Bearzi, Paolo Enrico Guidobaldi, ha sostenuto che comunque il suo assistito non poteva far evacuare la scuola in quanto non ne aveva titolo. Inoltre le valutazioni del suo assistito sarebbero state condizionate in maniera negativa in seguito alle rassicurazioni della commissione Grandi Rischi.

La difesa di Mazzotta, invece, ha sostenuto che il dirigente provinciale, ora alla Regione, comunque non aveva nessuna possibilità di disporre restauri di particolare consistenza che rafforzassero la struttura realizzata oltre 150 anni fa. E nemmeno sarebbe stato utile da parte sua fare pressioni all’ente di appartenenza per far chiudere la scuola nell’imminenza delle scosse visto che, appunto, la Provincia non ha questo potere. Critiche dall’avvocato Mazzotta al sindaco Massimo Cialente, indicato durante la sua arringa come «colui che si è lavato la coscienza costituendosi parte civile» mentre, secondo il legale, era proprio il sindaco a dover chiudere tutte le scuole.

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