Sisma, la ricostruzione che non c’è

Dieci mesi dopo, centro storico blindato dalle macerie: lavori al palo

L’AQUILA. La città fantasma. La definizione del Censis è di dicembre 2009. Ma due mesi dopo, poco è cambiato. Ne è convinto il sindaco Massimo Cialente, che rilancia l’allarme. «A dieci mesi dal terremoto, L’Aquila è una città fantasma, completamente distrutta nel suo centro storico, con l’economia paralizzata e migliaia di persone ancora senza casa: non siamo ancora riusciti a far capire le dimensioni della tragedia. Noi ce la stiamo mettendo tutta, ma abbiamo ancora bisogno di aiuto da parte del governo. Gli aquilani hanno il diritto di chiedere risorse sapendo che hanno il dovere di ricostruire la città. Dopo le tante promesse di aiuti da parte di vari stati, abbiamo ricevuto risorse concrete solo da Germania, Canada e Giappone. Grave la situazione del patrimonio monumentale: ci vogliono 3 miliardi e sono soldi che mancano completamente».

NIENTE RICOSTRUZIONE. Nel capoluogo devastato dal terremoto del 6 aprile 2009, la ricostruzione, quella vera, non è partita. Il centro storico è ancora presidiato dalle camionette dell’esercito. Le strade della zona rossa sono rimaste quasi tutte inaccessibili. È stato riaperto soltanto un piccolo tratto dalla villa comunale a piazza Duomo e un altro in via Castello, dove pochi commercianti hanno ripreso la loro attività. Le strade e le piazze del centro sono ancora colme di macerie. In alcune zone tutto è rimasto come il 6 aprile. Cumuli di detriti non rimossi ostacolano la ricostruzione. Se ne stimano, complessivamente, 3 milioni di metri cubi, pari a 4,5 milioni di tonnellate.

Un mare che, qui, stanno svuotando con un cucchiaino. Infatti, partita la Protezione civile, che ha passato le consegne al presidente della Regione Gianni Chiodi (commissario governativo) e al sindaco Massimo Cialente (vicecommissario), la grana delle macerie è ora tutta nelle mani delle forze locali. Finora, a dieci mesi dal terremoto, è attivo un solo sito per lo smaltimento delle macerie, quello dell’ex cava della Teges a Paganica. Ritardi, burocrazia e un rimpallo di competenze hanno impedito l’avvio di un serio progetto di sgombero di strade e piazze. Gli altri due siti individuati, quelli di Bazzano e di Barisciano, non saranno allestiti prima di due mesi. Se non si rimuovono le macerie non si ricostruisce.

MANCA L’ORDINANZA. Sulla ricostruzione del centro storico manca l’ordinanza per stabilire cosa rifare, come e dove rifarlo. Gli ingegneri hanno già lanciato l’allarme: «C’è il pericolo che grossi gruppi di speculatori stiano lavorando per estromettere le forze e le professionalità locali». I professionisti aquilani, indignati sia per la proroga al 6 aprile (e non al 31 dicembre come concordato ai tavoli tecnici) per le domande relative alle 15mila case classificate E sia per il tetto annunciato agli incarichi di ciascuno studio, minacciano di scioperare.

16MILA SENZA LAVORO. L’economia aquilana è ferma al palo. La zona franca urbana promessa dal governo Berlusconi appare ancora come una chimera. Nessuno ne parla. Non ci sono certezze né sull’estensione né sulla consistenza delle risorse economiche per il rilancio delle piccole imprese. Mille attività commerciali del centro storico, vale a dire le prime potenziali destinatarie di benefici fiscali, sono ancora inattive. Sedicimila persone sono senza lavoro (8mila cassintegrati e 8mila tra liberi professionisti, autonomi, artigiani e parasubordinati che non hanno ripreso l’attività causa sisma). Da luglio si tornano a pagare le tasse, vecchie e nuove.

IL PIANO CASE. L’unico risultato visibile del post-terremoto, finora, sono gli alloggi realizzati nelle 19 aree del progetto Case, nuovi quartieri sorti in periferia ma ancora non dotati di tutti i servizi, compresi trasporto e igiene urbana. Si tratta di appartamenti antisismici, testati davanti alle telecamere, dove, entro il 19 febbraio, dovrebbero entrare 18mila sfollati, in 4500 alloggi. Finora, su 183 edifici, quelli completati e consegnati sono 174, dove vivono poco più di 13mila persone (in 4235 alloggi). Restano fuori 1300 single e 800 nuclei da 2 per i quali si cerca una soluzione nei paesi. Seimila persone sono sulla costa o fuori regione. Ottomila gli universitari pendolari.

LE RIPARAZIONI. Secondo il Comune, sono 5889 i contributi concessi per la ricostruzione leggera: 2555 per le case A, 3001 per le B e 333 per le C. «Nell’ultima settimana», informa una nota, «assegnati 650 contributi». Ma molti dei cantieri sono soltanto virtuali, visto che molte ditte non hanno avviato le riparazioni negli appartamenti per i motivi più disparati che vanno dalla saturazione del mercato locale alle condizioni meteorologiche sfavorevoli all’incertezza legata ai tempi necessari per avere i soldi. Il mancato rientro della gente nelle case B e C blocca tutto il sistema penalizzando le case E, per le quali sono state presentate 110 domande. Ma nessuna è stata ammessa a contributo.

AUTONOMI. Le persone assistite sono ancora 35562. Di queste, 26562 percepiscono il contributo di autonoma sistemazione (200 euro al mese a persona che diventano 300 per i single, con bonus di ulteriori 200 per chi ha più di 65 anni e per chi è invalido). Qualcosa come 11 milioni al mese di esborso. Per molti dei senza lavoro è l’unico introito tanto che, per stessa ammissione del sindaco, c’è gente disposta a rinunciare alla casa pur di non perdere quei soldi.