Tante fiaccole per non dimenticare

Davanti alla casa dello studente lo strazio dei genitori delle vittime.

L’AQUILA. «Dopo il dolore, la rabbia e la necessità di verità e giustizia per Marco, Luciana, Davide, Angela, Alessio, Francesco, Husseim e Luca». I nomi sono quelli dei ragazzi rimasti sepolti, in quella tremenda notte del 6 aprile, sotto le macerie della casa dello studente. Nomi stampati sullo striscione in testa alla fiaccolata voluta dai comitati cittadini per commemorare le 307 vittime del terremoto. Quelle madri e quei padri hanno sfilato silenziosi. Poi, in via XX Settembre, lo strazio. A tre mesi trascorsi dal sisma, quando ancora si contano oltre 50mila sfollati e alla vigilia del G8, i comitati hanno deciso di ricordare le vittime con una manifestazione silenziosa ma carica di emozioni. Tante, tantissime le torce accese che hanno illuminato le vie della città, quelle dove è ancora possibile arrivare. Un lungo «serpentone» partito dalla Fontana Luminosa e via via cresciuto.

Tante luci per ricordare il passato e rischiarare il futuro che ancora stenta a mostrarsi. Hanno sfilato in tremila e forse più, per invocare, senza aver bisogno delle parole, verità e giustizia. Davanti al corteo i familiari dei ragazzi «assassinati alla casa dello studente», poi dietro tutti gli altri. Esponenti dei comitati locali (una quindicina quelli nati in città), gruppi arrivati da Vicenza e da Napoli che hanno tentato di sfoderare i loro striscioni, per poi subito ritirarli su invito dei promotori della manifestazione. «Il terremoto è il nostro dramma» hanno spiegato i ragazzi del comitato 3 e 32. «Ora non è questa la piazza per altre battaglie politiche e sociali». Così, in quel mare di luci che ha rischiarato la città, da tre mesi «abitata» solo da vigili del fuoco, militari, forze dell’ordine e uomini della Protezione civile, hanno trovato posto solamente cartelli e striscioni per le vittime del terremoto. «E’ la San Giuliano d’Abruzzo. La casa dello studente trasformatasi in una bara di cemento è un capitolo a parte della tragedia aquilana.

Il primo di cento punti interrogativi sulla qualità edilizia della città moderna. Sospetti atroci, che a lungo impegneranno la giustizia e che già pesano sulla coscienza di classi dirigenti e forze imprenditoriali...». E ancora un lenzuolo bianco con su scritto «Angela e Francesco, due nomi tra gli angeli». La fiaccolata è partita dalla Fontana Luminosa. Lì, confusi tra la gente, anche il sindaco Massimo Cialente e il parlamentare Giovanni Lolli, trattenuti da un gruppo di persone in cerca di notizie su ciò che sta accadendo e sulla ricostruzione che ancora non comincia. Poco dopo la mezzanotte il corteo si è mosso «scortato» da decine di poliziotti e carabinieri. Lungo viale Gran Sasso altra gente a cercare fiaccole da accendere. Poi via Strinella, il passaggio davanti al parco Unicef divenuto il luogo di incontro e di confronto dei comitati cittadini. Qui la madre di uno dei ragazzi morti ha rotto il silenzio parlando con un filo di voce al megafono per chiedere giustizia. Poi di nuovo in marcia fino alla Villa Comunale.

Qui i familiari delle vittime della casa dello studente si sono staccati dal corteo e accompagnati dai vigili del fuoco hanno raggiunto via XX Settembre, fino a quel cratere dove tre mesi prima c’erano gli alloggi dei ragazzi. Un mazzo di fiori bianchi deposti sulle transenne, poi lo strazio infinito delle mamme e dei papà che hanno dato sfogo al dolore e invocato a lungo i nomi dei loro figli. La mamma di Luciana Capuano, accompagnata da una studentessa sopravvissuta al crollo, si è messa a quasi a scavare tra le macerie alla ricerca di una qualunque cosa che potesse ricordarle la sua «bambina». Il pianto a dirotto dei familiari e dei ragazzi riusciti a salvarsi. E su tutto il suono delicato di una tromba. Le note di una canzone che un ragazzo russo ha voluto dedicare alle vittime di quel 6 aprile. «E’ un dolore che non passa» ha commentato Antonietta Centofanti, promotrice del comitato, che lì ha perso il nipote. «Questi ragazzi avrebbero potuto salvarsi se solo qualcuno avesse dato ascolto alle loro parole». Davanti all’imbocco di corso Federico II tanti lumini accesi a formare il numero 307.

Tanti ne ha uccisi il terremoto. Quindi, l’ultimo tratto fino a piazza Duomo dove non sembrava possibile arrivare. Un divieto che era stato probabilmente imposto per motivi di sicurezza, ma poi rimosso. Qui, in un’atmosfera quasi surreale, hanno atteso le 3.32. Il pensiero di tutti è corso a quel sei aprile, a quella manciata di secondi che ha spezzato tante vite e devastato la città e con essa tante frazioni. Ancora le parole di una mamma. Il grido di dolore di chi ha perso il proprio ragazzo nel crollo del Convitto, distante appena un centinaio di metri dalla piazza. Poi la manifestazione si è sciolta. Davanti alla fontana in cima alla piazza, tanti lumini accesi. «La partecipazione è andata oltre le più rosee previsioni, tanto che le torce non sono neppure bastate» hanno commentato Marco Sebastiani e Sara Vegni del comitato 3 e 32.

«E’ stato un corteo silenzioso e ordinato perché ha avuto il significato della commemorazione dei morti e della richiesta di giustizia». «Siamo venuti qui per esprimere la nostra solidarietà agli aquilani» hanno spiegato alcuni esponenti dei comitati arrivati da fuori. «Questa è una tragedia che ha colpito tutta l’Italia». «Abbiamo vissuto un momento davvero toccante» è stato il commento di Giovanni Lolli. «Mi ha emozionato la presenza di tanti giovani, una partecipazione seria e composta. Un fatto che non può non riempirci di speranza». Il sindaco Cialente si è fermato a lungo a parlare con la gente. «Ora» ha detto «ci attende una grande impegno per poter ricostruire la città. E non sarà facile, perché le risorse sono poche».