Un capannone come rifugio

Immigrati costretti a vivere in condizioni disumane.

AVEZZANO. Un ricovero per immigrati e clandestini in pieno centro. Si trova in via Di Lorenzo, a pochi passi dalle lussuose ville di Scalzagallo. In un capannone abbandonato abitano una quindicina di persone, costrette a vivere in maniera disumana, senza le più elementari norme igieniche. Un fenomeno che negli ultimi tempi sembra dilagare dopo la scoperta dei giovani marocchini accampati dentro i tralicci di un elettrodotto.

IL RIFUGIO. Per entrare nel terreno recintato che ospita il capannone bisogna infilarsi a fatica tra le sbarre danneggiate di un cancello. Gli ingressi del vecchio stabile sono chiusi con grossi lucchetti, ma una porta è stata forzata. Varcando la soglia del grosso portale appare un ambiente surreale. Al centro dell’immenso capannone ci sono sedie sgangherate attorno a un tavolino sporco e peino di avanzi di cibo. E poi scarpe ovunque, anche da donna, coperte sudice, bottiglie e ancora abiti logori.

LA CUCINA. Vicino a una parete c’è quella che dovrebbe essere la cucina: un tavolo con pochi vasetti di pomodoro, qualche tisana, zucchero, peperoncino, uova e barattoli di tonno aperti. Non c’è traccia di frigorifero. A terra due blocchi per edilizia e una griglia fanno da fornelli. Ci sono poi delle pentole e qualche casseruola bruciata. Pezzi di pane, poche posate e caffè solubile.

LE CAMERE. Nel capannone, una vecchia autofficina, c’è una stanza delimitata da pareti di lamiera, forse un vecchio ufficio. Ora il locale è stato adibito a camere da letto. Gli inquilini hanno addirittura tentato di rendere accogliente un ambiente crudo e inospitale con un grosso tappeto a terra e delle tende lungo le pareti interne. In pochi metri quadrati ci sono almeno sei letti.

LA PREGHIERA. In un angolo dell’immenso ambiente c’è un tappeto da preghiera (musalla) che spicca, rispetto al resto degli oggetti presenti nel capanno sporco e grigio, per il suo colore vivo e la sua accurata pulizia. Viene usato da musulmani durante le loro cinque preghiere giornaliere (Salat) perché, pur non essendo previsto dal dogma, permette una preghiera più comoda e pulita, soprattutto in un ambiente così sporco.

L’AMIANTO. La vecchia struttura abbandonata, di diverse centinaia di metri, ha una copertura in eternit. All’interno ci sono dei pannelli di amianto che sono stati utilizzati come divisori dagli immigrati e che presentano segni di decomposizione. La situazione igienico sanitaria degli abitanti della struttura è quindi a rischio e la loro salute in serio pericolo.

IL COMUNE. L’amministrazione comunale ha avviato un progetto di promozione finalizzato non solo a promuovere e sostenere la crescita umana e sociale di soggetti svantaggiati, ma anche all’inclusione sociale di cittadini stranieri al fine di favorire una migliore e piena integrazione della persona nel contesto sociale ed economico avezzanese. Secondo il Comune si tratta di «un impegno che rappresenta una delle quattro aree prioritarie individuate nel Piano sociale dalla Regione Abruzzo 2007-2009 al fine di promuovere le risorse umane e le capacità lavorative per contrastare la povertà». Il progetto, però, a quanto sembra non porta sempre agli obiettivi sperati. E il disagio sociale aumenta.