Va in ospedale con un infarto, non lo ricoverano e muore: la Asl deve pagare 840mila euro ai familiari

La vicenda avvenuta ad Avezzano. La vittima aveva 49 anni, ha lasciato la moglie e due figli
AVEZZANO. Maxi risarcimento per 840mila euro a carico della Asl, condannata in Corte d’Appello per le responsabilità dei medici dell’ospedale di Avezzano nel caso della morte di un 49enne di un piccolo comune della Marsica.
Il consiglio, costituito dai magistrati Francesco Filocamo, Silvia Rita Fabrizio e Federico Ria, ha confermato quanto stabilito in primo grado a febbraio del 2023 dal giudice del tribunale di Avezzano Caterina Lauro. Fondamentali gli assunti prodotti dal collegio peritale composto da un medico legale e da uno specialista in cardiochirurgia. La vicenda risale a ottobre 2016, quando l’uomo fu colto da infarto del miocardio dopo essere stato dimesso dal presidio sanitario in seguito a un intervento chirurgico al setto nasale. Lasciando la moglie e due figli.
I familiari assunsero un difensore di fiducia, l’avvocato Berardino Terra, e presentarono formale denuncia contro l’azienda sanitaria e il personale della guardia medica intervenuto in occasione del malore.
Secondo quando riportato nella sentenza, la vittima fu ricoverata «all’ospedale di Avezzano per sottoporsi a un intervento di settoplastica funzionale, in buone condizioni di salute, ma con multipli fattori di rischio per lo sviluppo di coronaropatia». Il giorno successivo all’intervento fu dimesso, nonostante «non avesse dormito, lamentasse dolore toracico e cefalea, la febbre non fosse scomparsa nonostante l’assunzione dei farmaci e apparisse stanco».
Le sue condizioni precipitarono la sera del 13 ottobre, mentre si trovava a casa. «Lamentava un formicolio al braccio destro, poi al sinistro, oltre al bruciore al petto». Intervenne per prima la guardia medica, poi il personale del 118. «I sanitari dell’ospedale di Avezzano, piuttosto che procedere a trattenere il paziente e porre in essere tutti gli accertamenti che avrebbero consentito l’adozione di intervento più tempestivo, che avrebbe consentito al paziente di avere oltre il 90% di probabilità di sopravvivere, ne decidevano le dimissioni», è scritto sul dispositivo della corte d’Appello. Soddisfatto il legale professionista Berardino Terra. «In sede civile siamo riusciti a dimostrare la responsabilità professionale dei sanitari, che invece in sede penale era stata esclusa».
Dopo l’autopsia, infatti, la Procura chiese e ottenne l’archiviazione delle accuse penali, poiché il medico legale Cristian D’Ovidio, non riconobbe le responsabilità dei sanitari.
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