«Voleva Daniela, poi ha aggredito me»

Il drammatico racconto dell’infermiera che ha subìto violenza dal 19enne che l’ha rapita e ferita con un coltello

AVEZZANO. «Tutto questo era destinato a Daniela, ma è toccato a me. Mi sono sacrificata per lei».

A parlare è l’infermiera rapinata, aggredita e ferita dalla violenza di Enriges Kavalli, il 19enne di nazionalità albanese che era ospitato nella struttura residenziale Crisalide di Avezzano, adiacente al Csm (Centro di salute mentale), dove stava scontando il residuo di una pena di cinque anni per violenza sessuale nei confronti di una assistente sociale e dove sarebbe dovuto essere riabilitato per il reinserimento. È ancora sotto shock e porta le ferite di una notte da incubo, passata all’interno della sua macchina di cui il giovane si era impossessato dopo la fuga. Ha infatti legato l’altra infermiera e poi sequestrato la collega, fuggendo e raggiungendo con la macchina un’area isolata nella zona Nord di Avezzano. Poi l’infermiera è stata tenuta sotto scacco per diverse ore. Oltre alle violenze è stata anche minacciata e ferita con un coltello da cucina che aveva portato con sé. Ha riportato dei tagli al collo e in altre parti del corpo.

Ora sta cercando di venirne fuori e racconta quei momenti da incubo pensando che forse tali violenze erano destinate alla responsabile della struttura, Daniela Cerasani. «Mi sono sacrificata per te», sono state le sue prime parole quando l’ha incontrata in ospedale, «tutto questo era destinato a Daniela, ma l’ho subìto io».

Daniela Cerasani, presidente della cooperativa sociale Delfino blu, che gestisce i servizi di riabilitazione, ora le sta vicino e le dà forza. È indignata per quello che è accaduto alle due dipendenti della cooperativa e sostiene che tutto ciò poteva essere evitato. Tante le richieste di aiuto e gli appelli affinché quel giovane, con dei precedenti per violenza sessuale, venisse allontanato perché non doveva arrivare in quella struttura, non idonea, a suo dire, a gestire quel tipo di criminalità. «Il giovane Kavalli», spiega la Cerasani, «era ospite della struttura da aprile 2016. Sono indignata per quello che è accaduto alle due operatrici, mie dipendenti, in turno quella notte. All’ingresso del 19enne mi sono subito preoccupata. L’ho visto arrivare nella struttura con le manette. La nostra, però, è una struttura non a regime di sicurezza. Ci è stato affidato senza che nessuno si preoccupasse di informarci rispetto alla pericolosità del soggetto. Voglio oggi solo chiarezza sul perché Kavalli, nonostante le misure di sicurezza a cui era sottoposto, si trovasse nella nostra casa e non in un’idonea struttura di sicurezza come previsto dalla legge». Cerasani era stata anche costretta ad allontanarsi dalla struttura proprio per motivi di sicurezza, visto che era in pericolo proprio a causa degli atteggiamenti del giovane ospite. «Eppure», aggiunge, «io non potevo oppormi al suo ingresso in quanto deciso da organi superiori. Spesso», chiarisce la presidente, «ho percepito forti tensioni, che ho segnalato più volte agli organi di competenza senza essere ascoltata e compresa». Sul fronte delle indagini gli agenti del commissariato di Avezzano e della squadra anticrimine stanno cercando di ricostruire l’accaduto con maggiori dettagli e si sta cercando di capire se, con il 19enne, ci fosse anche un complice. Ci si chiede, infatti, come abbia fatto il giovane ad abbandonare l’auto nelle vicinanze di Civitella Roveto e poi tornare ad Avezzano, nella casa dei genitori, senza un mezzo e senza un aiuto da un’altra persona. Un fascicolo è stato consegnato in Procura e il pubblico ministero avrà 48 ore per chiedere o meno l’arresto. Il gip avrà altrettanto tempo per decidere se convalidarlo o meno. Intanto su quanto accaduto restano molte perplessità che sarà la magistratura a chiarire.

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