Michael Keaton fan di Papa Francesco «Cambierà tutto»

25 Gennaio 2016

L’attore antidivo in corsa per l’Oscar con il film sull’inchiesta che scoprì i preti pedofili a Boston

A 64 anni, Michael Keaton, volto di film cult come i Batman di Tim Burton e successi popolari, tornato fra gli attori più richiesti grazie alla sua autoironica performance in “Birdman” di Alejandro G. Inarritu, per cui è stato candidato all'Oscar, si conferma un antidivo con i piedi ben piantati in terra («bisogna stare attenti ai complimenti, rischi di crederci e montarti la testa») e pronto a affrontare temi difficili.

Torna a dimostrarlo con “Il caso Spotlight” di Tom McCarthy in uscita il 18 febbraio con Bim e in corsa per sei Oscar (miglior film, regia, sceneggiatura originale, attore non protagonista con Mark Ruffalo, attrice non protagonista con Rachel McAdams, montaggio). Il film, che aveva debuttato all'ultima Mostra internazionale del cinema di Venezia, ripercorre l'inchiesta (premiata con il Pulitzer e raccontata anche dal libro “Tradimento” edito da Piemme Edizioni, in libreria dal 9 febbraio) dei giornalisti investigativi del Boston Globe, che nel 2002 rivelò come la diocesi di Boston, avesse coperto per decenni centinaia di preti pedofili. «Io rispetto tutte le fedi», dice Keaton, arrivato ieri a Roma, con Walter “Robby” Robinson, il giornalista investigativo da lui interpretato. «La mia famiglia era molto cattolica, da bambino ho fatto il chierichetto e mia madre andava in chiesa tutti i giorni. Mi rende triste che proprio per colpa di questi crimini compiuti da religiosi molti abbiano perso la fede».

L'attore si dice «fan di Papa Francesco. Sta facendo un lavoro immenso per cambiare la Chiesa, è come se stesse spingendo un enorme masso fino in cima a una collina. Spero che riesca ad andare avanti». Anche Robinson ha «grande speranza in Papa Francesco, rispetto quello che sta tentando di fare. Appena diventato pontefice ha chiesto ai cardinali di rinunciare alle loro limousine per occuparsi più dei poveri. E le limousine più grandi erano quelle del cardinale Bernard Francis Law (a lungo capo della Diocesi di Boston, trasferito a Roma nel 2002, dopo lo scandalo, ndr) e di molti cardinali americani. Tuttavia, per quanto Bergoglio abbia compiuto passi importanti, non ha ancora fatto niente di sostanziale per fermare il fenomeno degli abusi».

Keaton è convinto che “Il caso Spotlight” «avrà un impatto anche in Italia, non posso immaginare che non ce l'abbia». In questi mesi, spiega l’attore, «ho partecipato a varie proiezioni e una sera, un ragazzo mi è venuto a ringraziare. Era stato anche lui vittima degli abusi di un sacerdote e prima di aver visto il film non era mai riuscito a parlarne».

Comunque, l'opera di McCarthy, «non punta il dito verso la religione, ma verso chiunque si approfitti grazie al suo potere delle persone che invece dovrebbe difendere. Pensiamo anche ai casi delle forze Onu in Africa dove sono stati coperti molti abusi di questo tipo». L'attore già interprete di giornalisti in “Cronisti d'assalto” di Ron Howard (1994) e nel film tv dell'Hbo, “Live from Baghdad” di Mick Jackson (2002), ha accettato “Il caso Spotlight” anche per la passione che nutre da sempre verso il giornalismo d'inchiesta, «che sta sparendo sempre di più dai giornali e dalla televisione, dove i programmi di news sono sempre più brutti». Riguardo infine la campagna di boicottaggio degli Oscar, per l'assenza, fra gli attori candidati di attori appartenenti a minoranze, Keaton dice: «Non conosco bene i meccanismi del sistema dell'Academy, probabilmente c'e qualcosa che va rivisto, ma è importante riportare il tema del razzismo su un piano molto più vasto, che riguarda la società americana, quanto il resto del mondo, dall'antisemitismo in Francia alle discriminazioni verso le altre etnie».

La prossima sfida per lui sarà calarsi nei panni in un altro personaggio reale: Ray Kroc, il fondatore dei fast food McDonalds, in “The Founder”di John Lee Hancock.