«Alina uccisa perché voleva lasciarlo» Sorelle e amica accusano il compagno 

Oggi l’arrestato Mirko De Martinis davanti al gip: è indagato per omicidio volontario e rischia una pena fino all’ergastolo La ricostruzione del delitto in casa: la 40enne sorpresa nel sonno e strangolata con un cuscino, non ha potuto difendersi

PESCARA. Sarà interrogato questa mattina dal gip Giovanni de Rensis, Mirko De Martinis, il pescarese di 48 anni finito in carcere con l’accusa di aver soffocato la sua convivente, Alina Cozac, romena di 40 anni, il 22 gennaio scorso nella loro abitazione di Spoltore. L’accusa, pesantissima, è di femminicidio: omicidio volontario, con l’aggravante del rapporto di convivenza, un reato che potrebbe far finire l’indagato all’ergastolo. Da qui l’importanza del fatto che De Martinis, assistito da ieri dal suo nuovo avvocato, Massimo Galasso, fornisca al giudice la sua versione dei fatti che, al momento, sarebbe di assoluta estraneità a qualsiasi ipotesi di omicidio.
ARRESTO DOPO 8 MESI Un caso particolare che ha portato la procura a chiedere l’arresto soltanto 8 mesi dopo la morte della donna, che all’inizio sembrava fosse deceduta per cause naturali: fu lo stesso indagato, quella notte del 22 gennaio, a chiamare il 118 perché la donna aveva lamentato dolori e non si muoveva più. Ma l’inchiesta ha avuto un’impennata definitiva soltanto dopo il deposito della seconda consulenza medica sulla donna, e cioè quando un collegio di tre medici, voluto dalla procura, il 25 luglio scorso ha depositato gli esiti di una perizia che subito ha comunque sollevato dubbi sulle cause della morte della donna: asfissia meccanica violenta. Vale a dire che qualcuno ha premuto forte sul collo della vittima con un ginocchio o un avambraccio fino a portarla alla morte. E nell’arco di tempo relativo al decesso di Alina, in casa c’era soltanto una persona: il suo compagno Mirko.
LEI VOLEVA LASCIARLO «Quanto detto», si legge nell’ordinanza in relazione all’autopsia, «avvalorerebbe l’ipotesi di uno strangolamento di tipo omicidario, perpetrato mentre la Cozac era presumibilmente colta di sorpresa ed in condizione di minorata capacità di opporsi all’aggressore, e ciò giustificherebbe l’assenza di lesioni di difesa». E il perché di quell’aggressione, e quindi il movente, il giudice lo confeziona anche attraverso le testimonianze delle sorelle della vittima e dei suoi amici: Alina voleva rompere quella relazione che nei fatti non esisteva più e stava pensando di andare a stare da una sua cara amica di Teramo.
«FREDDEZZA TOTALE» Ma il giudice, nell’ordinanza di misura cautelare in carcere (unica possibile per evitare una possibile reiterazione del reato), evidenzia in maniera estremamente negativa il comportamento dell’uomo dopo la tragedia: «La condotta successiva al fatto», scrive de Rensis, «denuncia una freddezza totale, ed anzi segnala una sorta di incapacità di capire la gravità di ciò che si è commesso, il che è esattamente quanto verificatosi nel caso di specie, con De Martinis che, nel corso di conversazioni ritualmente captate ovvero di “normali” colloqui con conoscenti, affermava che la Cozac “era stata sfiatata da un’entità sovrannaturale”». Quanto al movente e ai gravi indizi di colpevolezza il giudice parla chiaro evidenziando «il mancato riscontro di altra possibile causa di morte» e la «circostanza di come l’indagato fosse l’unica persona presente nell’abitazione». E poi aggiunge che «l’indagato, messo di fronte alla ferma volontà della sua compagna di interrompere la relazione e di allontanarsi di casa (e forse colto di sorpresa da tale inconsueta determinazione), abbia reagito in maniera violenta e criminale, strangolando la vittima con il proprio avambraccio (probabilmente ponendo un cuscino tra quest’ultimo ed il collo della Cozac)».
LE ACCUSE DELLE SORELLE A sostegno di questa ipotesi il gip riporta le dichiarazioni delle due sorelle di Alina, e quelle di un amico che la ospitò per una settimana e di quell’amica che l’avrebbe dovuta ospitare a Teramo dove Alina voleva trasferirsi. «Da circa un anno», dice una delle sorelle, «ossia da quando sembrerebbe che Mirko frequenti una donna brasiliana, il rapporto amoroso tra lui e mia sorella era di fatto diventato problematico ed interrotto, seppure continuava la loro convivenza». Entrambe le sorelle parlano di uno psicologo che seguiva Alina proprio per superare questa drammatica situazione. Di umiliazioni e minacce parla un’altra sorella: «Veniva buttata fuori di casa lei e il suo cane, tanto che diminuiva la sua autostima. Negli ultimi mesi, pur se sotto lo stesso tetto, di fatto non erano più insieme. Alina aveva intenzione di andare via di casa e stabilirsi in Germania a casa di nostro fratello. Mia sorella riferiva di aver subito di certo violenze psicologiche da parte del compagno».
GRAZIE DELLA PROCURA Dalla Procura (procuratore Giuseppe Bellelli) arriva il ringraziamento a chi ha lavorato al caso. «Hanno guardato oltre le apparenze, si sono posti domande, sono andati a cercare dentro la tragedia» e il riferimento è al sostituto procuratore Rosangela Di Stefano, all'Aggiunta Anna Rita Mantini, al medico legale Ildo Polidoro, all'ispettrice Fausta Fellegara, ai marescialli dei carabinieri Agnese Fedele e Guido Mariani. «Hanno compiuto il loro dovere alla ricerca della verità. Dobbiamo essere loro grati».
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