Aliona muore 45 giorni dopo le coltellate 

Sei operazioni non sono bastate a salvare la giovane ricoverata al Gemelli. La sorella: l’assassino deve avere l’ergastolo

FRANCAVILLA AL MARE. Non ce l'ha fatta Aliona Oleinic, la 33enne moldava colpita con undici coltellate lo scorso 3 settembre nel cortile di casa sua, a Francavilla, da Roland Bushi, l'albanese di 27 anni che voleva a tutti i costi una relazione con lei. Dopo 45 giorni di agonia trascorsi tra l’ospedale di Chieti e il Gemelli di Roma, e ben sei interventi chirurgici, si è spenta ieri mattina in seguito a un’infezione risultata fatale. Una storia tristissima, da archiviare ancora una volta sotto la voce femminicidio. A dire il vero, come racconta la sorella Natalia, 31 anni, con la voce rotta dal dolore, dal 3 ottobre Aliona era in coma e non dava alcun segno di ripresa. Adesso però, il suo pensiero fisso è uno solo: «La mia famiglia vuole giustizia. L’assassino deve avere l’ergastolo, mi ha portato via la cosa più bella del mondo e non glielo perdonerò mai», ripete forte. E poi racconta: «Da quella maledetta mattina del 3 settembre, mia sorella ha subito due interventi a Chieti e altri quattro a Roma. Dopo un primo periodo aveva ripreso conoscenza, parlavamo, ricordava tutto e aveva paura che quell’uomo potesse farle del male anche nella sua stanza d’ospedale. Poi il trasferimento a Roma per intervenire sul pancreas, martoriato dalle coltellate, ma dopo il secondo intervento del 3 ottobre la situazione è precipitata. Lei è entrata in coma e non si è mai più ripresa, nonostante le successive operazioni».
Da una settimana i medici avevano avvisato i familiari che la ragazza era nuovamente in pericolo di vita: «L’ho vista l'ultima volta giovedì pomeriggio. Ho capito che lei soffriva troppo, ci ho parlato, le ho detto che se non ce la faceva più poteva andare. Penso che lei mi abbia capito. Ha mosso la lingua in segno di assenso. Poi, purtroppo, poco dopo le 11 di ieri mattina l’epilogo». Poco alla volta hanno ceduto tutti gli organi colpiti dalla furia dell’aggressore armato di coltello: i reni, il fegato e poi i polmoni. Natalia prova anche a ricostruire il rapporto tra sua sorella e Bushi: «Dopo che si sono conosciuti lui ha iniziato a cercarla sempre più spesso. Aliona non ne voleva sapere, ma non lo vedeva come una minaccia. Mi diceva di far finta di nulla, anche quando si presentava sotto casa. Nessuno si aspettava quello che poi è successo». Il corpo della ragazza si trova a Roma, in attesa del nulla osta da parte del magistrato per consentire lo svolgimento dei funerali. La mamma delle ragazze, rientrata in Moldavia qualche giorno fa, sta tornando in Italia. La volontà della famiglia è quella di riportare nella terra d’origine il corpo della giovane per darle lì l’ultimo saluto insieme ai parenti e agli amici. «Ci stiamo organizzando per il trasporto della salma. Poi io tornerò in Italia, qui ho la mia vita e i miei figli. Una cosa però è certa, non entrerò mai più in quella casa».
La morte della ragazza cambia anche il quadro accusatorio nei confronti di Roland Bushi, attualmente detenuto nel carcere di Madonna del Freddo di Chieti. Già in sede di udienza di convalida, il giudice non aveva accolto la tesi del raptus, ritenendo verosimile che l’uomo avesse pianificato l’aggressione. Circostanza avvalorata dal coltello che l’albanese si era portato da casa. A questo punto dovrà rispondere di omicidio volontario con la probabile aggravante della premeditazione.