Architettura, studenti sfrattati nel parco

Aule tutte occupate, docenti e ragazzi costretti a fare lezione all'ex caserma Di Cocco
PESCARA. Lezione di chimica al parco, con il professore che usa un foglio di carta come lavagna per far copiare le formule agli studenti accampati sul prato. E' successo ieri alla facoltà di Architettura dell'università D'Annunzio, dove gli iscritti al primo anno del corso di laurea in Tecniche del costruire sono rimasti senza un'aula dove fare lezione.
«Stavamo facendo lezione, ma siamo stati sfrattati perché in quell'aula si doveva sostenere un esame. In 150 abbiamo aspettato più di mezz'ora che ci venisse assegnata un'altra stanza, ma erano tutte occupate», racconta Martino Gubert, studente di Architettura. «Così, il professore ci ha proposto di continuare la lezione nel parco dell'ex caserma Di Cocco e circa la metà degli studenti lo ha seguito». In una calda giornata di primavera la lezione al parco può essere piacevole. Tutto cambia, però, quando il problema è ricorrente: «Anche il giorno prima», continua Martino, «l'aula in cui dovevamo fare lezione di disegno era occupata. Solo dopo quasi un'ora ce ne hanno trovata un'altra, ma non riusciva a contenerci tutti».
Un problema, quello della mancanza di strutture adeguate, che lamentano in molti ad Architettura. «Dovrebbero esserci più spazi soprattutto per i laboratori», dice Riccardo, studente del quarto anno. «Da noi non si studia soltanto: si disegna, si costruiscono i plastici. Ma spesso ci ritroviamo in sei su un tavolo non abbastanza grande o siamo costretti a seguire le lezioni in piedi». E i professori come lavorano con questi disagi? «Sono rassegnati», continua Riccardo, «ma nonostante la situazione, sono molto preparati e disponibili».
La qualità dei docenti è confermata anche da due studentesse: «Il rapporto con i professori è molto buono, alcuni ci chiamano per nome. Ma non è facile per loro incappare ogni giorno in proiettori rotti, microfoni che funzionano a singhiozzi, aule troppo piccole per contenere tutti gli studenti».
La rassegnazione non è solo degli iscritti agli ultimi anni, ma anche delle matricole: «Ormai siamo abituati alla mancanza di spazi», alzano le spalle Davide, Francesca e Islam, iscritti al primo anno, «ma vorremmo aule più grandi, soprattutto per i laboratori».
Francesca e Fabio, del quinto anno, lamentano «non solo i problemi della struttura, non adatta a ospitare una facoltà di Architettura, ma anche la disorganizzazione». Entrambi sperano che la situazione migliorerà quando il nuovo polo sarà messo in funzione. L'inaugurazione è prevista per il 14 aprile, ma non è ancora chiaro quando gli studenti potranno entrarci.
Mauro, del secondo anno, conferma l'affollamento delle aule e spiega che «non c'è un posto per studiare. La biblioteca è comune agli studenti di Lingue ed Economia, quindi spesso non ci sono posti. Senza contare che noi facciamo progetti di gruppo, studiamo in modo diverso e disturberemmo gli altri».
Alcuni si adattano a lavorare nell'atrio del primo piano, dove un gruppo intento a costruire un plastico mostra la pistola a caldo per colla appoggiata sul maniglione antipanico di una porta. Ma, confermano, «vorremmo uno spazio nostro dove poter lavorare».
In un'aula ci sono due ragazzi in attesa di sostenere l'esame con un docente che s'è ritagliato un angolo per interrogare. Nei banchi intorno c'è chi studia, chi pranza, chi disegna. «Non ci sono altre stanze», spiegano, «l'importante è poter fare l'esame».
Un altro studente del quarto anno conferma la «disorganizzazione generale». E aggiunge: «Mancano gli spazi, le attrezzature, persino le prese per attaccare i computer. Ci arrangiamo da soli con le nostre prolunghe, ma non è un problema: qualche anno fa da casa ci portavamo persino le sedie».
La rassegnazione è lo stato d'animo ricorrente fra tutti gli aspiranti architetti che ieri affollavano i corridoi: «Ormai siamo abituati a questi disagi», è la frase più frequente. Il preside della facoltà Alberto Clementi non ha trovato il tempo per rispondere e una sua collaboratrice ha definito «leggende metropolitane» i racconti degli studenti sulle quotidiane disavventure in facoltà. In realtà le lamentele sono unanimi, anche se le più arrabbiate sembrano due ragazze del quinto anno, che si sfogano: «Le aule sono affollatissime, sembra che le assegnino senza considerare quanti iscritti abbia un corso. E' anche accaduto di seguire le lezioni sedute a terra o ammassate sulla cattedra insieme ad altre persone. La maggior parte dei professori cerca di rimediare una stanza più grande, con poco successo. Altri addirittura non si presentano a fare lezione o agli esami». Ma questa è un'altra storia.
«Stavamo facendo lezione, ma siamo stati sfrattati perché in quell'aula si doveva sostenere un esame. In 150 abbiamo aspettato più di mezz'ora che ci venisse assegnata un'altra stanza, ma erano tutte occupate», racconta Martino Gubert, studente di Architettura. «Così, il professore ci ha proposto di continuare la lezione nel parco dell'ex caserma Di Cocco e circa la metà degli studenti lo ha seguito». In una calda giornata di primavera la lezione al parco può essere piacevole. Tutto cambia, però, quando il problema è ricorrente: «Anche il giorno prima», continua Martino, «l'aula in cui dovevamo fare lezione di disegno era occupata. Solo dopo quasi un'ora ce ne hanno trovata un'altra, ma non riusciva a contenerci tutti».
Un problema, quello della mancanza di strutture adeguate, che lamentano in molti ad Architettura. «Dovrebbero esserci più spazi soprattutto per i laboratori», dice Riccardo, studente del quarto anno. «Da noi non si studia soltanto: si disegna, si costruiscono i plastici. Ma spesso ci ritroviamo in sei su un tavolo non abbastanza grande o siamo costretti a seguire le lezioni in piedi». E i professori come lavorano con questi disagi? «Sono rassegnati», continua Riccardo, «ma nonostante la situazione, sono molto preparati e disponibili».
La qualità dei docenti è confermata anche da due studentesse: «Il rapporto con i professori è molto buono, alcuni ci chiamano per nome. Ma non è facile per loro incappare ogni giorno in proiettori rotti, microfoni che funzionano a singhiozzi, aule troppo piccole per contenere tutti gli studenti».
La rassegnazione non è solo degli iscritti agli ultimi anni, ma anche delle matricole: «Ormai siamo abituati alla mancanza di spazi», alzano le spalle Davide, Francesca e Islam, iscritti al primo anno, «ma vorremmo aule più grandi, soprattutto per i laboratori».
Francesca e Fabio, del quinto anno, lamentano «non solo i problemi della struttura, non adatta a ospitare una facoltà di Architettura, ma anche la disorganizzazione». Entrambi sperano che la situazione migliorerà quando il nuovo polo sarà messo in funzione. L'inaugurazione è prevista per il 14 aprile, ma non è ancora chiaro quando gli studenti potranno entrarci.
Mauro, del secondo anno, conferma l'affollamento delle aule e spiega che «non c'è un posto per studiare. La biblioteca è comune agli studenti di Lingue ed Economia, quindi spesso non ci sono posti. Senza contare che noi facciamo progetti di gruppo, studiamo in modo diverso e disturberemmo gli altri».
Alcuni si adattano a lavorare nell'atrio del primo piano, dove un gruppo intento a costruire un plastico mostra la pistola a caldo per colla appoggiata sul maniglione antipanico di una porta. Ma, confermano, «vorremmo uno spazio nostro dove poter lavorare».
In un'aula ci sono due ragazzi in attesa di sostenere l'esame con un docente che s'è ritagliato un angolo per interrogare. Nei banchi intorno c'è chi studia, chi pranza, chi disegna. «Non ci sono altre stanze», spiegano, «l'importante è poter fare l'esame».
Un altro studente del quarto anno conferma la «disorganizzazione generale». E aggiunge: «Mancano gli spazi, le attrezzature, persino le prese per attaccare i computer. Ci arrangiamo da soli con le nostre prolunghe, ma non è un problema: qualche anno fa da casa ci portavamo persino le sedie».
La rassegnazione è lo stato d'animo ricorrente fra tutti gli aspiranti architetti che ieri affollavano i corridoi: «Ormai siamo abituati a questi disagi», è la frase più frequente. Il preside della facoltà Alberto Clementi non ha trovato il tempo per rispondere e una sua collaboratrice ha definito «leggende metropolitane» i racconti degli studenti sulle quotidiane disavventure in facoltà. In realtà le lamentele sono unanimi, anche se le più arrabbiate sembrano due ragazze del quinto anno, che si sfogano: «Le aule sono affollatissime, sembra che le assegnino senza considerare quanti iscritti abbia un corso. E' anche accaduto di seguire le lezioni sedute a terra o ammassate sulla cattedra insieme ad altre persone. La maggior parte dei professori cerca di rimediare una stanza più grande, con poco successo. Altri addirittura non si presentano a fare lezione o agli esami». Ma questa è un'altra storia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA