Assunzioni facili, la polizia all'Arta

La squadra mobile porta via i documenti sui concorsi del 2010

PESCARA. La documentazione sui concorsi dell'Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente e gli atti relativi ai bandi: sono i documenti portati via nella sede dell'Arta dalla squadra mobile, che ipotizza un giro di assunzioni facili.

Il nuovo filone sulle presunte irregolarità nei posti di lavoro vede al centro l'Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente, l'ente strumentale della Regione che si occupa di controlli e monitoraggio ambientale.

L'Arta pescarese ha due sedi in viale Marconi, ai civici 51 e 178: due strutture diverse in cui la prima si occupa della parte tecnica e la seconda di quella amministrativa. E' qui che gli agenti della squadra mobile guidati da Pierfrancesco Muriana hanno richiesto un elenco di documenti da portare via e che riguardano i concorsi svolti nella sede e per vari tipi di incarichi. L'inchiesta è diretta da pm Gennaro Varone e nasce in seguito ad alcuni esposti presentati in forma anonima in cui si denunciano presunte irregolarità nelle assunzioni dell'Arta. Per il momento, non c'è alcun indagato.

L'Arta è un ente strumentale della Regione che, in seguito alla caduta della giunta di Ottaviano Del Turco, è stata commissariata per quasi due anni sotto Carlo Visca e il nuovo direttore, Mario Amicone, è arrivato da pochissimo, il 22 marzo di quest'anno. A fine dicembre, sono state fatte le preselezioni di due concorsi, uno per ragionieri e un altro per l'organico amministrativo.

Ma i documenti chiesti dagli agenti della Mobile riguardano i precedenti anni, un periodo in cui stati banditi vari concorsi da assistente tecnico, perito chimico, collaboratore tecnico, sanitario e da ingegnere.

Non è la prima volta che le assunzioni dell'Arta finiscono nel mirino degli investigatori. Nel 2009, la Procura, sempre dopo un esposto-denuncia, si concentrò su otto concorsi banditi dalla Regione e da altri enti a essa collegati. Anche in quel caso, i poliziotti della Digos inviati dal pm perquisirono la sede dell'Arta di Pescara, ma anche gli uffici di vari enti.

Il reato ipotizzato era quello di corruzione e il direttore dell'epoca, Gaetano Basti, precisò: «La commissioni dei concorsi hanno svolto sempre il loro compito in totale autonomia».

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