Atti sessuali su una giovane collega: dirigente medico a rischio processo

L’episodio in un ospedale della provincia di Pescara. L’uomo avrebbe abusato della specializzanda in servizio alla guardia medica, alla fine del turno. La vittima: «Sembrava una chiacchierata, ma iniziò a baciarmi e a toccarmi sotto la maglia»
PESCARA. Rischia di finire sotto processo per violenza sessuale ai danni di una sua collega, un dirigente medico di una struttura sanitaria pubblica del Pescarese, per il quale il pm Paolo Pompa ha chiesto il rinvio a giudizio. Una vicenda inquietante, stando al racconto della parte offesa, che si verificò una sera dello scorso gennaio nell’ambulatorio della guardia medica. «Atti sessuali», si legge nell'imputazione, «consistiti nel cingere con entrambe le braccia la vittima, agendo di sorpresa e, nonostante il fermo ed espresso dissenso della donna, nel richiederle di baciarlo, provvedendo poi ad infilare le mani sotto la maglia indossata dalla donna, toccandole ed accarezzandole la schiena e, infine, nel palpeggiare i glutei della vittima».
Questa la sintetica accusa della terribile avventura vissuta dalla parte offesa come un incubo: il medico tornò alla carica per ben tre volte, in un contesto dove in quel momento non era presente nessuno. L’imputato si sarebbe fermato soltanto quando capì che stava prendendo servizio un’altra collega e quindi la vittima avrebbe potuto chiedere aiuto. La dottoressa parte offesa (assistita dall’avvocato Fabio Cosentino) raccontò tutto ai carabinieri, una volta liberatasi da quella presenza e soprattutto dalla sua morsa, dopo aver riferito l’accaduto alla collega appena entrata in servizio che rese noto il nome di quell’uomo che si era presentato come un collega.
Medico specializzando in medicina interna presso l'Università di Chieti, quella sera alle 20 la dottoressa prese servizio alla guardia medica e, quando arrivò, notò subito che non c’era nessuno, se non un uomo seduto in sala d’attesa. Dopo aver risposto a un paio di telefonate ed essersi preparata per il suo turno di lavoro, uscì dalla porta e notò ancora quell’uomo. Gli chiese se avesse necessità di un medico e fu in quel momento che l’uomo si introdusse nell’ambulatorio, presentandosi come un collega, affermando di aver appena terminato il suo turno e di essere in attesa di timbrare l’uscita. Dopo essersi presentato con il solo nome di battesimo ed aver riferito di aver lavorato prima in un’altra struttura ospedaliera del Pescarese, l’uomo chiese informazioni sulla vita professionale della collega.
«Credevo di stare a svolgere», racconta la vittima ai carabinieri, «una chiacchierata informale tra colleghi, allorquando, in maniera del tutto inaspettata e senza ragione, il mio interlocutore mi ha detto che desiderava abbracciarmi, e mentre pronunciava queste parole si è avvicinato alla mia persona, cingendomi con entrambe le braccia».
Imbarazzata da quel gesto repentino e colta di sorpresa, la dottoressa chiede con fermezza al collega di allontanarsi. Ma l’imputato si allontana solo per qualche istante e torna subito all’attacco dicendo: «Sono passati già dieci secondi, dobbiamo riabbracciarci forte». «Questa volta», prosegue la vittima, «l’abbraccio fu ancora più forte e tornò di nuovo a chiedermi di baciarlo. Al mio rifiuto iniziò a baciarmi sul collo e addirittura mi ha infilato le sue braccia sotto la maglia, toccandomi e accarezzandomi ripetutamente la schiena».
E alla reazione ancor più vigorosa della donna, che tentava di sottrarsi a quella presa, il medico le dice: «Tranquilla, non ti sto mica toccando il culo». La vittima riesce a liberarsi, ma il collega torna di nuovo a stringerla e baciarla, «dicendomi di stare tranquilla perché “non avrebbe riferito a nessuno dell’accaduto” e addirittura invitando anche me a mantenere l’assoluto riserbo».
Poi, nonostante i rifiuti della malcapitata dottoressa, arriva il palpeggiamento dei glutei: in totale un incubo durato una ventina di minuti, fino a quando non è entrata nella struttura la collega che si trovava nella stanza a fianco. Solo allora l'imputato si allontana, non prima di averla invitata a non dire nulla alla collega. La vittima chiama prima al telefono il fidanzato, poi corre dalla collega che le consiglia di riferire subito tutto al dirigente e di sporgere denuncia. Adesso tutto andrà all'attenzione del gup.
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