Becci, il futuro è l'ex Cofa

«Lì vedo bene un albergo e un acquario modello Genova»

PESCARA. Acquario, centro con microclimi, albergo e grattacieli. Daniele Becci, imprenditore pescarese alla guida della Camera di commercio dal 5 agosto 2009, osserva l'area dell'ex Cofa e i terreni a ridosso del fiume per anni utilizzati da Di Properzio e ci vede il nuovo motore di Pescara. Non si pone limiti. Non ne vuole. Se pensasse in piccolo, farebbe un torto a una città che, dal 1927, data dell'unione con Castellamare Adriatico, non ha mai smesso di cercare il futuro e la modernità. Becci immagina un'area metropolitana capace di generare flussi turistici importanti e dotata di infrastrutture competitive. Per questo, davanti al protrarsi del pasticciaccio chiamato dragaggio, sbotta: «Non m'interessa cosa debbano fare per ripulire il porto, m'interessa che lo ripuliscano. La misura è colma. Stanno prendendo in giro gente che lavora».

Il dragaggio del porto canale, anzi il mancato dragaggio, sta assumendo i contorni di una farsa: come si supera la situazione di stallo?
«In primo luogo, deve intervenire il Provveditore alle opere marittime. Poi, tocca al governo nazionale. Eh, sì, perché qui non possiamo limitarci a risolvere l'emergenza: è indispensabile un intervento strutturale. A proposito di emergenza, faccio una considerazione: i lavori sono andati alla ditta Nicolaj con una procedura d'urgenza. Si è parlato subito di lavori full time con tre turni da 8 ore ciascuno. Ebbene, tutto abbiamo visto tranne che il full time. Forse, qualcuno pensa di poter fare il gioco delle tre carte».

Ci stanno rimettendo la marineria e tutte le altre attività portuali.
«I pescatori sono rimasti in braghe di tela eppure hanno mostrato una correttezza esemplare. Li ringrazio. Nel nostro porto non ci sono più gli standard di sicurezza nè per i mezzi nè per le persone: è una vergogna essere arrivati a questo punto».

Cosa intende per intervento strutturale?
«Bisogna tagliare in due la diga foranea, che è alla causa dei mali del porto, e farci passare un prolungamento dei bracci del canale. La scomparsa del mare sotto i trabocchi sta a rappresentare, in maniera lampante, la dannosità della diga. Riassumo tutto il lavoro da fare in tre punti. Il primo: dragaggio. Il secondo: programmazione e monitoraggio. Il terzo: sfodamento della diga foranea».

Qualcuno ha suggerito di declassificare il porto per farlo diventare solo di interesse regionale.
«Otterremmo solo lo svilimento di una struttura importante per l'economia, sulla falsariga di quanto avvenuto per la stazione ferroviaria. La verità è che all'Abruzzo manca una figura come il compianto Nino Sospiri. Non penso alla declinazione politica della vicenda, mi limito a prendere atto di una situazione. A dirla tutta, ci manca anche un Remo Gaspari. Parlo di uomini che, a Roma, hanno fatto valere le ragioni dell'Abruzzo e di Pescara».

La Camera di commercio è pronta per acquisire l'area dell'ex Cofa?
«Prontissima. Le potenzialità economiche ci sono e le idee non mancano. Regione e Comune sono d'accordo. L'unico problema è la burocrazia. Se remeremo tutti nella stessa direzione, ce la faremo. Ognuno si assuma le sue responsabilità».

Mettiamoci un passo avanti: fatta l'acquisizione, quale sarà la destinazione di quell'area?
«Porto turistico, ponte del Mare ed ex Cofa devono diventare sistema. E non ci scordiamo l'area che per anni e anni è stata occupata dai silos di Di Properzio. Quegli spazi dovranno diventare il volano economico della città, in modo particolare di Porta Nuova. Ricettività e servizi: ecco quale sarà l'indirizzo. Il tutto genererà nelle zone adiacenti gli investimenti dei privati».

Scenda nei dettagli.
«Non credo si possa prescindere da un grande albergo e da attività con fortissima attrazione, quindi capaci di generare flussi turistici. A me piace tantissimo l'idea di un acquario modello Genova. Di recente, abbiamo ricevuto la visita di un imprenditore tedesco che ci ha proposto di utilizzare una parte dei tre ettari disponibili per una struttura capace di ricreare una serie di microclimi. Potremmo avere l'equatore sotto casa e anche le piste da sci. Dobbiamo ragionare in grande e nel medio-lungo termine».

L'Abruzzo ha due facce: da un lato c'è L'Aquila che cerca di risorgere dopo il terremoto, dall'altro Pescara che sta stretta nei suoi confini.
«La ricostruzione dell'Aquila è una priorità nazionale. Tutto l'Abruzzo deve lottare per vincere questa battaglia. Pescara e l'area metropolitana sono realtà imprescindibili. il fulcro della regione. Credo che qui ci siano i presupposti per uno sviluppo importantissimo. Pescara deve decidere cosa vuole fare da grande. Utilizzo due infrastrutture cittadine per fare un esempio. La stazione è diventata una succursale di Ancona perché il mondo politico l'ha dimenticata. L'aeroporto, se non sarà rilanciato, farà la stessa fine. Mi sembra assurdo anche che si discuta dell'utilità o meno di un rilancio del nostro scalo. L'aeroporto collega Pescara e tutto l'Abruzzo con il mondo».

Cosa ne pensa della città verticale appena varata dal Comune?
«Sono assolutamente favorevole. Diamo a Pescara uno skyline moderno e accattivante, capace di proiettare la città nell'era della globalizzazione. Preferisco un grattacielo a due palazzoni che sanno tanto di monotona periferia. Pescara è condannata ad andare in alto perché ha pochissimo spazio. E non si può pensare di bloccare lo sviluppo della città».

© RIPRODUZIONE RISERVATA