Bellini, truffa da un milione: 75 vittime

Chiusa l’inchiesta sul falso commercialista. La procura: per 5 anni non ha mai versato le tasse pagate dai contribuenti

PESCARA. I modi affabili, la dialettica brillante, l’apparente preparazione tecnica nel settore contabile e fiscale, il senso di affidabilità trasmesso all’interlocutore di turno. Dottore commercialista, con tanto di tesserino e targa fuori dello studio in viale D’Annunzio. E laurea in Economia e commercio al Politecnico di Torino. Le credenziali per rassicurare i clienti e architettare una truffa da quasi un milione di euro che ha messo in ginocchio decine di pescaresi, chiamati a pagare le tasse una seconda volta.

Un raggiro firmato Giacomo Bellini, 47 anni, pescarese, domiciliato a Città Sant’Angelo, sconosciuto all’Ordine dei commercialisti e con un’impossibile laurea, ché a Torino non esiste alcun Politecnico. Di autentico, il falso consulente esibiva solo la capacità di conquistare chi lo conosceva, al punto da farsi consegnare anche ingenti somme di denaro destinati a pagamenti fiscali mai effettuati, o acconti per l’acquisto di auto mai consegnate. Credenziali fasulle, ma sufficienti a reggere il gioco per più di cinque anni, inanellando una vittima dietro l’altra. Fino a quando le prime segnalazioni all’ufficio tributi del Comune e un’indagine condotta a tempo da record dalla finanza, diretta dal colonnello Mauro Odorisio, hanno fatto emergere la maxi truffa, impressionante nei numeri considerando che – per l’accusa – va ricondotta a una sola persona. Secondo il pm Silvia Santoro che ha firmato l’avviso di conclusione delle indagini, sono ben 75 le parti offese di un’inchiesta che, al tirare delle somme, vede Bellini finire nei guai per truffa pluriaggravata, usurpazione di titoli e falsità materiale commessa dal privato. Accuse che a febbraio del 2011, dopo che le prime vittime erano uscite allo scoperto denunciando pubblicamente sul Centro i raggiri subìti, erano costate a Bellini l’arresto in carcere, trasformato subito dopo nei domiciliari e successivamente nell’obbligo di dimora. Il falso consulente si stava preparando a partire per l’Argentina, quando le fiamme gialle lo bloccarono al casello di Brecciarola.

La procura, grazie alla ricostruzione dei movimenti del falso commercialista effettuata dalla finanza, ha tratteggiato in cinque punti il modus operandi: 1) Bellini si spacciava come dottore commercialista alle numerose parti offese che si affidavano a lui per la gestione della propria contabilità; 2) si presentava come professionista «particolarmente attendibile» e ben preparato sui temi fiscali, recita l’accusa, forte di una capacità superiore alla media di imbonire chi aveva di fronte; 3) fingeva con i clienti di presentare on line i modelli f24 e f23 per loro conto, mediante un addebito unico sul proprio conto corrente delle somme dovute all’Agenzia delle Entrate; 4) forniva ai clienti più meticolosi ed esigenti – la procura ne individua nove, in particolare – le ricevute dei pagamenti effettuati e copia dei modelli di versamento, in realtà del tutto falsi; 5) forniva rassicurazioni ai clienti attraverso lettere e documentazione approntate allo scopo «per sopperire a richieste di chiarimenti qualora i clienti fossero stati raggiunti – come in effetti avvenuto in seguito – da ingiunzioni di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, e scongiurare comportamenti che gli avrebbero potuto creare problemi».

Bellini, sostiene la procura, approntava avvisi di accertamento fasulli, apparentemente provenienti dall’Agenzia delle Entrate, che riportavano in alto a sinistra il logo di quest’ultima e lo stemma della Repubblica, entrambi contraffatti. In questa maniera, non avrebbe mai versato all’Erario più di 734 mila euro, oltre a incassare quasi 47 mila euro per le prestazioni professionali rese. Di fronte alle rimostranze dei clienti, il falso commercialista – dotato di tesserino di riconoscimento intestato “Ordine dottori commercialisti ed esperti contabili di Pescara” – rispondeva via sms che si trattava delle solite cartelle pazze o di errori dell’Inps. ©RIPRODUZIONE RISERVATA