Bottigliata alla moglie nel giorno della vigilia di Natale: «Mi sono solo difeso». Ma il medico rimane in carcere

28 Dicembre 2025

Pescara. Il giudice non crede al marito di 62 anni e gli contesta anche lesioni e reiterati maltrattamenti: «Una personalità pericolosa e a rischio recidiva». Intanto la donna ha lasciato la Rianimazione

PESCARA. Resta in carcere il medico pescarese di 62 anni arrestato la vigilia di Natale con l'accusa di tentato femminicidio della moglie 54enne commerciante, maturato fra le quattro mura di casa a seguito dell'ennesimo litigio della coppia. Tentato omicidio, maltrattamenti in famiglia e lesioni personali sono le accuse mosse dal pm Gabriella De Lucia che ha chiesto e ottenuto la misura cautelare disposta dal giudice (gip) Francesco Marino a seguito dell'interrogatorio cui l'indagato è stato sottoposto ieri mattina.

LA DIFESA.

Il medico (difeso dall'avvocato Enrico Della Cagna), personaggio peraltro noto in città, avrebbe fornito una sua versione dei fatti che non ha convinto minimamente il giudice, anche perché, e lo si comprende dal capo di imputazione, in capo al professionista viene contestato anche il reato di maltrattamenti in famiglia. L'uomo, così come ribadito dal suo difensore, ha risposto a tutte le domande del giudice e si sarebbe difeso affermando che i litigi erano ricorrenti, che la donna alzava sempre la voce contro di lui e che, essendo anche di corporatura robusta, spesso lo sovrastava, quindi, in quel momento, avrebbe preso il primo oggetto a portata di mano, una bottiglia di vetro piena di acqua, ed avrebbe colpito la moglie al collo provocandole un taglio di 7/8 centimetri.

Una sorta di "difesa" che mal si coniuga con quanto riferito da alcuni amici sentiti dagli investigatori, in quanto qualche giorno prima, e precisamente il 5 dicembre scorso, le forze dell'ordine erano già intervenute per un litigio in via Tiziano trovando la donna con una ferita all'indice della mano e una lacerocontusa all'orecchio. Al momento di quest'ultimo litigio in casa c'erano due dei quattro figli della coppia (uno maggiorenne e uno minorenne) che si trovavano nella loro cameretta quando sentirono le grida di aiuto della madre. Aperta la porta della stanza uno dei due ha visto la madre scappare di casa tenendosi il collo da dove fuoriusciva il sangue, e il padre trattenerla, cercando di farla rientrare in casa. Ma la donna riusciva a liberarsi e scappare in strada. Intanto sia da casa, sia da parte di un vicino, erano partite le chiamate di soccorso al 118 e alle forze dell'ordine. Arrivava prima il 118 che portava la donna in ospedale dove veniva sottoposta ad un intervento chirurgico e posta nel reparto rianimazione. La polizia, nel frattempo, raccoglieva le prime dichiarazioni dei due figli presenti, mentre il padre veniva trovato mentre ripuliva dal sangue l'androne. In cucina alcuni frammenti di vetro e chiazze di sangue sul pavimento.

LA FOTO. E, a dimostrazione di quanto quei litigi fossero consueti e sopportati dai figli, il fatto che uno di loro ha pensato di scattare nell'immediatezza dei fatti una foto con il cellulare della cucina prima che il padre iniziasse a ripulirla, quando ancora la polizia non era intervenuta. Importante, ai fini della decisione del giudice, anche quanto dichiarato dai medici dell'ospedale su quel taglio profondo che solo per un puro caso non aveva leso i vasi sanguigni della carotide che avrebbero potuto portare al decesso immediato della donna.

l’ACCUSA. «Risulta palese l'intento omicidiario dell'indagato», scrive il pm, attesa la micidialità del mezzo utilizzato, una bottiglia di vetro, la profondità della ferita e la parte del corpo colpita, il collo, ove vi è la presenza di arterie vitali che solo fortunatamente non sono state attinte dal colpo». E il magistrato sottolinea al giudice anche il fatto che l'uomo, nonostante quanto accaduto, aveva cercato di trattenere la donna in casa per non farla andare in ospedale. «La vita della donna», aggiunge il pm De Lucia, «risulta scandita da perduranti atti di prevaricazione, controllo, spesso sfociate in aggressioni fisiche, anche ai danni dei figli».

Questi episodi vengono compendiati nel capo di imputazione relativo ai maltrattamenti dove il pm evidenzia che la vittima era "sottoposta a continue sofferenze fisiche e umiliazioni morali, cagionando penose condizioni di vita e costringendola a vivere in un clima di paura e insicurezza». Il pm aggiunge anche che il marito ormai la mortificava in continuazione arrivando anche a controllarle le spese e «le imponeva di acconsentire a rapporti sessuali e in più occasioni la colpiva con violenza». Ed elenca vari episodi come quando con un pugno le spaccò un labbro «che poi provvedeva a medicare con punti di sutura». Il pm ha sollecitato la misura in carcere proprio per evitare la reiterazione di analoghe condotte: «Fatti particolarmente gravi, in quanto posti in essere con continuità e con modalità particolarmente aggressive e violente così da far emergere ulteriormente una personalità pericolosa e ad elevato rischio di recidiva, nonché una totale incapacità di controllo dei propri istinti criminali, che potrebbero degenerare in più gravi condotte».

FEMMINICIDIO EVITATO. Insomma, secondo la Procura, un arresto necessario per evitare un possibile femminicidio che solo casualmente è stato evitato. Il legale Della Cagna sta comunque preparando un’istanza per una misura meno afflittiva anche perché era stata indicato un diverso domicilio per gli arresti domiciliari che è forse sfuggito nel momento in cui è stata disposta la misura in carcere.

Intanto la donna è stata dimessa dal reparto di rianimazione dell’ospedale e trasferita in quello di Otorino.