Bulli (e bulle) d'Abruzzo, ragazzi violenti in aula e sul web ma poche vittime denunciano

Tanti i casi, molti di più quelli che si consumano nel silenzio. Anche davanti a testimoni omertosi. L’ultimo episodio a Montesilvano dove un 12enne ha mandato all’ospedale due compagni più grandi

L’ultimo caso in Abruzzo è di pochi giorni fa. Si è verificato a Montesilvano. Anzi, gli episodi sono due: un ragazzino di appena 12 anni ha picchiato davanti a scuola, mandandoli in ospedale, due coetanei, di un anno più grandi. Pare lo abbia fatto senza motivi particolari, e proprio su questo sono in corso le indagini, anche per capire dinamiche e responsabilità. Ma è chiaro che le botte nascondono un disagio con radici profonde, che richiede l’intervento della scuola, della famiglia e, probabilmente, dei servizi sociali.

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PESCARA, ADOLESCENTI TERRIBILI
E’ un fenomeno che sopravvive ad ogni epoca, quello del bullismo. Ragazzi (e ragazze) che si affidano alla forza e allo spirito di sopraffazione per dimostrare chissà cosa. Il problema riguarda anche il cosiddetto sesso debole, e lo dimostrano i pestaggi tra ragazze, scatenati, magari, da un messaggino social mai arrivato a destinazione e le zuffe tra ragazzine nei cortili delle scuole, oltre che nei parchi pubblici. Episodi accaduti negli ultimi tempi tra Pescara e Montesilvano.

«Il fenomeno colpisce in egual modo i due sessi ma è ancora troppo sommerso perché i giovani hanno difficoltà a raccontare, i genitori tendono a restare in silenzio per proteggere i figli e le scuole spesso non denunciano», sottolinea Elisabetta Narciso, dirigente della Polizia Postale, da anni impegnata in campagne di sensibilizzazione negli istituti scolastici abruzzesi.

Uno degli ultimi incontri all'Aquila, dove è stata presentata la docufiction #cuoriconnessi a cura del regista Luca Pagliari, nella quale, soprattutto le ragazze, raccontano «la solitudine e l'isolamento» a cui sono sottoposti i soggetti presi di mira, spesso, dai compagni di classe che li deridono e li ricattano attraverso il web con parole pesanti o foto hard rubate.

Atteggiamenti che possono spingere anche al suicidio. «Ho pensato di farla finita, ma poi ho trovato le parole per chiedere aiuto» racconta nel video una ragazza perseguitata. Il dirigente Polpost spiega che i convegni nelle scuole «sono importanti perché servono ad aiutare le vittime ad uscire dal silenzio, come accaduto ad uno studente della provincia pescarese che ha trovato il coraggio di denunciare direttamente ai poliziotti la sua storia, nel corso dell’incontro». Narciso lancia un appello ai giovani, famiglie e istituzioni: «Non abbiate paura di denunciare, utilizzate anche il commissariato online e ricordatevi che le immagini e le parole postate su internet sono spesso impossibili da rimuovere».

L’AQUILA, UN ANNO DI VESSAZIONI
Legato, sollevato in aria e fatto ricadere a terra, con l’aggiunta di epiteti, insulti pesanti, lancio di penne sul volto e due aggravanti: l’assenza degli insegnanti e la presenza di numerosi spettatori. L’ultimo episodio di bullismo segnalato alle autorità all’Aquila è quello avvenuto all’interno di un istituto superiore del capoluogo. La vittima è uno studente che alla fine ha raccontato di aver subito per un anno le vessazioni di tre compagni di classe.

Lo scorso 11 novembre, davanti al giudice minorile per l’udienza preliminare, due dei tre ragazzi, dopo aver chiesto scusa, hanno ottenuto di accedere a un programma riabilitativo dei servizi sociali. Il terzo, invece, è stato rinviato a giudizio e dovrà affrontare un processo.

TERAMO, BOTTE PER UNA RAGAZZA
Il fenomeno del bullismo in provincia di Teramo, invece, rimane ancora fortemente sommerso. Gli ultimi dati divulgati a metà anno durante la premiazione del concorso provinciale di prevenzione «…il più forte sono io!», organizzato annualmente dalla Prefettura contro bullismo e spaccio di stupefacenti nelle scuole, parlano di una sola chiamata arrivata dal Teramano al numero verde 403002, istituito a livello nazionale proprio per riportare episodi presunti di violenza in ambiente scolastico.

Sarebbero state invece molte le segnalazioni pervenute alle forze dell’ordine, come indicato in quell’occasione dal viceprefetto Roberta Di Silvestro. Che spiegò: «Il numero verde è un incentivo, però si può raggiungere una prevenzione efficace quando c’è un contatto diretto con i ragazzi. Bisogna capire cosa pensano e perché hanno questi comportamenti». Un episodio ascrivibile al fenomeno del bullismo ha visto protagonisti lo scorso 15 maggio diversi minorenni teramani. Otto ragazzini di età compresa fra i 13 e i 14 anni, due nel ruolo di vittime e sei di aggressori, intorno alle otto di mattina hanno dato vita ad una rissa davanti alla stazione ferroviaria, in viale Crispi, mentre erano diretti a scuola. Il litigio, scoppiato forse per una ragazza contesa, è partito con le minacce da parte di sei minorenni nei confronti di altri due coetanei, prima che i giovani aggressori passassero a spintoni, calci e botte. All’arrivo dei carabinieri, chiamati da qualche passante, sembrava essersi calmato tutto ma l’attività delle forze dell’ordine ha portato con le successive indagini a risalire a tutti e sei i nomi dei componenti della baby gang teramana. I ragazzini sono così stati segnalati alla procura per i minori.

CHIETI, L’ALUNNA BRAVA TORMENTATA VIA SMS
«Lei è una ragazzina di 14anni, studiosa, educata e molto riservata» ammettono gli insegnanti. Per i compagni di classe, invece, è una «sporca lecchina di m...», «la cocca dei professori», «una raccomandata schifosa». Che deve essere punita in modo esemplare. Ed è proprio sul come e quando fargliela pagare che si intrecciano decine e decine di messaggi spavaldi e irriverenti scambiati tra i compagni di classe e per settimane attraverso whatsapp. Messaggi che la vittima prescelta non può vedere direttamente, dal momento che viene cancellata dal gruppo, ma che riesce a scoprire grazie all’unica alleata (sotto copertura) che la mette in guardia. «Botte da orbi» propone uno sull’app telefonica. «No, no la cosa migliore è isolarla, ignorarla», quasi se una persona si potesse cancellare dalla vita reale come un messaggio indesiderato ricevuto sul cellulare. Ma perché tutta questa cattiveria verso una ragazzina di 14 anni che non è in grado di fare del male a una mosca?

Dai messaggi telefonici passano ai fatti. La emarginano, la umiliano in classe. Nessuno vuole averla in squadra all’ora di educazione fisica. Una violena psicologica che le manda in tilt la mente. Non mangia non dorme e una notte finisce in ospedale. I genitori chiedono interventi, ma il preside lascia correre. La ragazzina ora ha cambiato città e scuola. Era terrorizata dall’idea di ritrovare bulli e bulle anche alle superiori.

(Ha collaborato Chiara Di Giovannantonio)

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