Caro spiaggia a Pescara, la replica dei balneatori "Aumenti minimi per mantenere gli standard"

I proprietari degli stabilimenti replicano alle accuse dell’Adiconsum: "Di fatto i prezzi sono fermi da cinque anni"

PESCARA. Si sentono colpiti nell’orgoglio i titolari delle concessioni balneari della riviera pescarese. Gli imprenditori del mare non ci stanno a essere additati come gli aguzzini di turno, che in tempo di crisi non ci pensano due volte ad alzare i prezzi di bibite, caffè e panini e magari per ritoccare all’insù i listini in corrispondenza del weekend, quando l’afflusso in spiaggia è maggiore.

«Sì, è vero, prima dell’estate ho aumentato le pizzette di 10 centesimi. Ma dopo cinque anni in cui il costo era rimasto inalterato. È forse un reato il mio?». Riccardo Ciferni, titolare della storica catena Trieste e presidente del Consorzio imprese balneari dell'Adriatico (Ciba), se la prende con il segretario dell’Adiconsum Alberto Corraro, che domenica aveva denunciato i rincari indiscriminati, arrivando a paventare anche l’ipotesi di uno sciopero generale della spiaggia. «Invito chi critica i piccoli imprenditori del turismo a parlare in maniera veritiera», aggiunge il ristoratore che ha portato le pizzette rotonde e il sushi sul lungomare e a Pescara Vecchia, «noi non siamo il male assoluto dell’economia abruzzese. Se dobbiamo mantenere i nostri standard qualitativi, allora è giusto anche adeguare i prezzi. La liberalizzazione ce lo permette. L’importante è non infrangere le regole, quindi esibire a vista i cartellini dei prodotti in vendita. Poi saranno poi i clienti a scegliere se venire da me e pagare 1 euro e 60 centesimi per una pizzetta o 5 euro per una birra. Personalmente i conti sono abituato a farli a fine stagione». Riccardo Padovano, presidente della sezione abruzzese del Sindacato italiano balneari (Sib) Confcommercio e titolare del lido Voglia di mare, invita il segretario dell’Adiconsum a «fare i nomi di chi ritocca i prezzi», in modo tale che «si facciano i controlli dovuti e chi ha sbagliato paghi». «I nostri prezzi sono accessibili dappertutto», rimarca Padovano, «gli stabilimenti si sono consociati con gli alberghi, hanno promosso menù di pesce a 15 euro e sconti per la colazione in riva al mare, conservando sempre la qualità dei servizi. Certo le famiglie che preferiscono portarsi il panino da casa ci sono, ma c’erano anche gli scorsi anni e ci saranno anche quando la crisi sarà passata».

Discorso analogo per Anna Cappellacci dell'Adriatica: «Le spese per i gestori degli stabilimenti balneari sono cresciute, ma a fronte di questi aumenti noi non abbiamo alzato i prezzi per i nostri clienti», osserva, «l'associazione dei consumatori non può lanciare accuse generalizzate, ma deve fare i nomi di chi aumenta indiscriminatamente i prezzi. Io per esempio arrotondo i prezzi sempre per difetto».

Cristiano Tomei, segretario regionale della Federazione autonoma dei balneatori (Fab), conferma la crisi delle vendite: «Abbiamo 25 stabilimenti sul litorale pescarese e sono tre stagioni che abbiamo bloccato l’affitto delle attrezzature da spiaggia. Lo scorso fine settimana abbiamo registrato un netto calo dei consumi, che non è certo stato determinato dai rincari. Siamo in un periodo dell’anno particolare: oltre alla recessione, in questi giorni le famiglie hanno dovuto pagare l’Imu. Le uscite si sono moltiplicate e di conseguenza anche i bilanci familiari sono andati in rosso. Speriamo in una boccata d’ossigeno a inizio luglio».

Ylenia Gifuni

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