Caso truffavelox, inchiesta sui vigili urbani. Il giudice: «Ecco perché va processato anche il comandante»

La vicenda di Francavilla. L’accusa: «Ha posto le basi e creato le condizioni affinché il sistema illegittimo andasse avanti». La procura inizialmente aveva chiesto l’archiviazione per il comandante
FRANCAVILLA AL MARE. Anche Fabio Torrese, il comandante della polizia municipale di Francavilla al Mare, dev’essere processato per il caso dello Speed scout, l’autovelox mobile che veniva utilizzato per fare stragi di multe nonostante rilevasse superamenti di velocità mai avvenuti. A ordinare l’imputazione coatta è stato il giudice per le indagini preliminari (gip) di Chieti Andrea Di Berardino. Entro dieci giorni, dunque, la procura dovrà formulare l’accusa a carico del dirigente per concorso nei reati di «falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico» e di «soppressione, distruzione e occultamento di atti veri».
IL CONTESTO
Salgono quindi a sei i vigili urbani coinvolti nell’inchiesta ormai da tutti ribattezzata Truffavelox: hanno già ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto che generalmente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, il vicecomandante Giustino Tancredi e gli agenti Cinzia Gattone, Stefania Montebello, Carlo Del Gatto ed Elisa Sbaraglia. Per Torrese (difeso dall’avvocato Vincenzo Di Lorenzo), già indagato in un primo momento, il pm aveva sollecitato l’archiviazione, ritenendo che non «abbia dato alcun apporto alla consumazione dei reati». Ma il gip, dopo aver fissato l’udienza e ascoltato le parti, ha deciso di respingere la richiesta.
L’ORDINANZA DEL GIUDICE. Secondo il giudice, il comandante è stato colui che ha predisposto il disciplinare dell’affidamento del servizio di gestione di tutte le procedure sanzionatorie previste dal codice della strada e del noleggio dell’autovettura sulla quale è stato montato il dispositivo per controllare la velocità, soprattutto sotto le gallerie Le Piane e San Silvestro, diventando l’incubo degli automobilisti di mezzo Abruzzo. Non solo: a lui spettava, come sottolineato dal gip, la segnalazione di eventuali malfunzionamenti delle apparecchiature e di eventuali guasti per consentire interventi e sostituzioni.
NESSUNA VIGILANZA In altre parole: Torrese aveva precisi obblighi contrattuali e normativi di vigilanza sul funzionamento dello Speed scout. Tant’è che, personalmente, ha annullato in autotutela molti verbali, tra cui quello elevato nei confronti del camionista Fabio Di Nardo, dalla cui denuncia è partita l’inchiesta della polizia stradale di Chieti. Già, perché – secondo le contestazioni – il malfunzionamento dell’autovelox mobile era ben noto a tutto il comando. Ma gli agenti hanno continuato a utilizzarlo fino al 4 dicembre di due anni fa, quando è scattato il sequestro. All’inconveniente dei rilevamenti irregolari del dispositivo, la municipale ha posto rimedio in modo del tutto arbitrario: scartando numerosi fotogrammi ritenuti inattendibili.
VELOCITA’ IMPOSSIBILI. Sono parecchi i camion dotati di limitatori di velocità (impossibile superare i 90 all’ora) che, secondo l’autovelox finito sotto accusa, raggiungevano anche 164 chilometri orari. Ma ci sono esempi pure più eclatanti, come quello di una macchina in sosta che, secondo lo Speed scout di Francavilla, viaggiava inspiegabilmente a 61 all’ora. E c’è persino il caso di un mezzo pesante che, per il macchinario “impazzito”, sfrecciava a 244 chilometri orari, velocità fisicamente impossibile da raggiungere per quel tipo di veicolo e in quelle condizioni di traffico. I fotogrammi in questione, un centinaio, sono confluiti nella cartella “annullati” del computer in uso ai vigili. Ma, sempre secondo la ricostruzione accusatoria, non si capisce sulla scorta di quali criteri oggettivi altre rilevazioni siano state invece ritenute degne di fede solo perché la velocità, da una primissima analisi, non appariva totalmente incredibile.
PERCHE’ VA PROCESSATO Secondo il giudice, Torrese – pur consapevole di tale situazione – non ha adottato azioni concrete per interrompere e segnalare immediatamente l’illegittimo utilizzo del dispositivo, «lasciando il vicecomandante Tancredi e gli agenti indagati liberi di continuare a formare verbali ideologicamente falsi». Torrese, dunque, ha concorso nei reati «a titolo morale», alla luce della sua «dolosa inerzia»; sotto il profilo materiale, invece, ha posto le basi e creato le condizioni, «condividendo i progetti di controllo della velocità basati anche sul dispositivo in questione, affinché quel sistema proseguisse».