Catena e Di Giovanni a giudizio per 85 assunzioni all'Aca

Di Giovanni e l'ex presidente Catena accusati di abuso per 85 contratti a dipendenti. Il pm: le assunzioni hanno provocato un notevole aggravio per i bilanci dell'ente

PESCARA. Sono 85 le persone che sarebbero state assunte all'Aca «con «atti illegittimi»: è per abuso d'ufficio che il giudice per l'udienza preliminare Gianluca Sarandrea ha rinviato a giudizio il direttore generale dell'Azienda comprensoriale acquedottistica Bartolomeo Di Giovanni e l'ex presidente dell'Aca Bruno Catena. Il processo prenderà il via, davanti al tribunale collegiale, il prossimo 13 marzo e l'Aca è stata anche individuata come parte offesa.

Le assunzioni sospette coprono un arco di anni che vanno dal 29 dicembre 2005 fino al 1º settembre 2008: 14 sono quelle contestate al direttore dell'Aca Bartolomeo Di Giovanni, difeso dall'avvocato Fabrizio Di Carlo, e 71 quelle che riguarderebbero l'ex presidente Bruno Catena, difeso dagli avvocati Ugo Di Silvestre e Sergio Della Rocca. L'inchiesta, coordinata dal pm Valentina D'Agostino, è partita in seguito a vari esposti inviati in procura dall'associazione Codici e, ieri, il giudice ha deciso di mandare a processo i due dirigenti.

Secondo l'accusa, Di Giovanni avrebbe assunto con contratti flessibili 14 persone «violando le norme che prevedono la procedura del concorso pubblico per il reclutamento di personale da parte delle pubbliche amministrazioni». Gli impiegati, prosegue il pm, sarebbero quindi entrati all'Aca «con atti illegittimi». Catena, secondo l'accusa, avrebbe assunto un numero più cospicuo di persone, 71 in tutto, non attraverso la procedura di selezione pubblica ma sempre con «atti illegittimi» che violavano le norme per il reclutamento del personale con forme contrattuali flessibili.

Ma il pm, nella sua richiesta di rinvio a giudizio accolta dal giudice dell'udienza preliminare Gianluca Sarandrea, fa anche notare che quelle assunzioni sarebbero avvenute «con notevole aggravio di costi nei bilanci dell'Aca» - l'azienda che infatti viene indicata come parte offesa - e che inoltre avrebbero arrecato «un ingiusto vantaggio patrimoniale ai privati illegittimamente assunti e in molti casi legati da rapporti di parentela o amicizia ad esponenti politici locali». La difesa dei due imputati ha sottolineato che fino al 30 ottobre 2008, data di entrata in vigore della legge 133, per i tipi di società come l'Aca non c'era alcun obbligo di selezione pubblica evidenziando anche che l'ultimo contratto che sarebbe stato stipulato da Catena risale al 1º settembre 2008, quindi prima dell'entrata in vigore della legge. Ma Sarandrea non ha accolto le tesi della difesa e ha mandato a giudizio Di Giovanni e Catena.

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