Chiuso 20 anni in carcere da innocente 

Lo Stato ammette l’errore scoperto dai giudici dell’Aquila, gli riconosce 4 milioni di risarcimento ma non ha i soldi

PESCARA . Venti anni trascorsi a guardare il soffitto di una cella, a immaginare, oltre le sbarre, la vita che scorre e va avanti senza di lui, a pensare a sua moglie, morta nell’attesa. Venti anni in carcere da innocente ha trascorso Bernardino Contena, pastore sardo, accusato, condannato in via definitiva con altre persone, del sequestro e dell’omicidio dell’imprenditore milanese Marzio Ostini, e poi scagionato. Una storia incredibile, uno degli errori giudiziari più clamorosi d’Italia che passa anche dall’Abruzzo perché è proprio grazie a una sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila che si riapre la vicenda giudiziaria, dopo che i giudici aquilani assolvono il fratello, Melchiorre Contena, che per lo stesso omicidio, invece, ha trascorso 30 anni in carcere, sempre da innocente.
CONFLITTO DI POTERI. A Bernardino Contena, recluso ininterrottamente dal 27 giugno 1983 al primo dicembre del 2003, la Corte d’appello di Perugia riconosce nel 2015 un risarcimento di quasi 4 milioni e 900mila euro, per tutte le sofferenze ingiustamente patite in quei venti anni trascorsi all’inferno, con la triste consapevolezza che il vero assassino, invece, era ancora libero. Fondamentale, per la decisione, è il precedente aquilano, che riguarda il fratello. Ma il Ministero dell’Economia ricorre ancora in Cassazione contro l’ordinanza con la quale i giudici d’appello hanno disposto la liquidazione della somma a titolo di riparazione dell’errore giudiziario. Da una parte, dunque, lo Stato riconosce l’errore, dall’altra, un’estensione dello stesso Stato nega il risarcimento. Lo scorso 30 maggio la Cassazione mette la parola fine anche a questo conflitto fra poteri, respinge il ricorso del Ministero e ordina di pagare. Ma non saranno quei milioni a restituire al pastore Bernardino Contena venti anni di vita persa dietro le sbarre.
IL SEQUESTRO. Sono le 22.30 del 31 gennaio 1977 quando Marzio Ostini, imprenditore milanese di 38 anni rientra a casa. Ad accompagnarlo c’è il suo amministratore. Nella villa di San Casciano Bagni dove vive con la famiglia, in provincia di Siena, ad attenderlo ci sono tre uomini incappucciati e armati. Dicono solo che se la famiglia rivuole indietro l’ostaggio deve pagare cinque miliardi di lire. Ostini, prelevato dai tre uomini dall’inconfondibile accento sardo, sparisce. Di lui non si saprà più nulla. Il 4 febbraio i rapitori si fanno vivi con una nuova richiesta di riscatto: vogliono “solo” due miliardi e dopo una serie di trattative la somma scende ancora, a un miliardo e 200 milioni. Il 21 febbraio il padre dell’imprenditore si presenta all’appuntamento e consegna il denaro, con l’assicurazione che l’ostaggio sarà liberato entro 48 ore. Ma non accadrà mai.
LE ACCUSE. A marzo le attenzioni dei carabinieri si rivolgono su un servo pastore della famiglia Contena, allontanato perché ritenuto inaffidabile, che cova tanta rabbia verso gli ex datori di lavoro. L’uomo, spinto anche dai 300 milioni che la famiglia dell’imprenditore ha messo a disposizione di chi fornirà elementi utili a rintracciare il congiunto rapito, si presenta in caserma e racconta di una riunione durante la quale sarebbe stato pianificato il sequestro, facendo i nomi dei tre fratelli Contena, Bernardino, Melchiorre e Battista, oltre a quelli di altre 5 persone.
LA VIA CRUCIS. Bernardino Contena viene prima assolto in primo e secondo grado, ma dopo l’annullamento delle precedenti sentenze viene condannato a 30 anni di reclusione, come il fratello Melchiorre, e il 27 giugno del 1983 entra in carcere. Ne uscirà il primo dicembre del 2003, dopo che la Corte d’appello lo ha assolto da tutti i reati, revocando la sentenza del 1983. Cos’è accaduto? È successo che nel frattempo, nell’ambito di un altro processo, sono saltati fuori i veri autori del sequestro. Uno di loro, raccontano due testimoni, ha ucciso l’ostaggio con un colpo di piccone subito dopo il rapimento. E il caso passa all’Aquila, dove la Corte di Cassazione rimette il fascicolo di Melchiorre, che viene completamente scagionato. Melchiorre è morto l’anno scorso. Entrò in carcere a 38 anni, per uscirne a 69, stanco e malato. La sua innocenza è stata dimostrata solo al termine della pena dai giudici aquilani d’appello.
520 EURO AL GIORNO. Nella sentenza con la quale la Corte di Cassazione rigetta il ricorso del Ministero dell’economia, i giudici riconoscono a Bernardino Contena il diritto a essere risarcito per l’errore giudiziario. Riconoscono all’uomo il diritto di ricevere la somma di 4 milioni e 887mila euro così calcolata: «4,2 milioni per complessivi 8.103 giorni di privazione della libertà personale, (520 euro per ogni giorno), 338 mila euro per il protratto mancato svolgimento dell’attività lavorativa, 250mila euro per il distacco forzato dalla moglie, nel frattempo deceduta, 25mila euro per le spese sostenute dai familiari per le visite nel corso dei lunghi anni di carcerazione».
MINISTERO CONDANNATO. E ora il ministero dell’economia dovrà pagare. A poco varranno le motivazioni legate alle ristrettezze di bilancio. La Cassazione ha anche condannato il ministero al pagamento delle spese processuali. Nessuno, purtroppo, e tanto meno i soldi, potranno restituire al pastore Bernardino Contena 20 anni di vita.
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