Conga: i soldi nell’auto servivano per curarmi

Processo Sanità, l’ex manager della Asl di Chieti accusato di tangenti «Mai preso 113 mila euro di dazioni, è stato Angelini a imboscarsi il denaro»
PESCARA. «Ma proprio quel giorno ha lasciato i soldi in contanti nell’auto?», insiste il pm Giuseppe Bellelli in cui «quel giorno» è la sera che precede il 14 luglio 2008 – il giorno dell’arresto dell’ex direttore generale della Asl di Chieti Luigi Conga – e i soldi sono i 113 mila euro trovati nella Porsche Cayenne di Conga. E l’imputato risponde: «Avevo preso i miei soldi dalla cassaforte di Chieti per portarli a Pescara, si è fatto tardi, sono salito a casa e ho lasciato i soldi in macchina. E’ capitato, che devo dire, è capitato: accadono pure strane coincidenze nella vita, come chi muore per una tegola caduta dal tetto».
Conga contro tutti. E’ stato il giorno dell’ex direttore generale della Asl di Chieti Conga, il medico militare accusato di aver preso circa 6 milioni di tangenti da Vincenzo Angelini, una tesi sciorinata all’origine dall’ex titolare di Villa Pini e rinvigorita dalle segretarie dell’ex titolare di Villa Pini, dalle cugine e dalla domestica di Angelini. Ha risposto a tutti, Conga, mettendo in chiaro, come piace introdurre all’ex manager l’argomento– «devo chiarire una volta per tutte, signor presidente» – che intanto «Angelini aveva una reputazione da far-west», che Angelini «è inattendibile», che Angelini dice «grosse bugie» e che, quindi, ha detto Conga: «Sono rammaricato, signori giudici, che Angelini mi ha coinvolto e incastrato in questo processo: io non ho mai preso soldi. Ci sono palesi discordanze tra le accuse delle cugine e della domestica. Le segretarie? Ma presidente, io ho guardato il loro sguardo mentre deponevano e, poi, non sapevano neanche che non fossi più dirigente della Asl». Oltre cinque ore di interrogatorio da parte del pm e, poi, alcune domande poste del presidente del collegio Carmelo De Santis hanno scandito la nuova udienza del processo in cui il protagonista è stato Conga, imputato di spicco insieme ad Angelini, l’ex presidente della Regione Ottaviano Del Turco e l’onorevole Sabatino Aracu.
«La verità sulla valigetta». E’ bastato solo che il pm Bellelli introducesse l’argomento – «parliamo della Porsche Cayenne» – a riportare alle mente di Conga un periodo spiacevole per la sua salute. Conga si è commosso, ha chiesto una pausa e ha raccontato la sua versione di quei 113 mila euro in contanti. «I soldi erano miei, mi servivano per ricoverarmi in una clinica negli Stati Uniti», ha iniziato a spiegare. «Sono un giocatore di borsa e, in quel periodo, le cose non andavano bene così ho chiesto un prestito a una persona che conoscevo da 20 anni e che, per il lavoro che faceva, aveva disponibilità. Mi ha dato i soldi che servivano per ricoverarmi, li ho presi e li ho messi nella cassaforte di Chieti».
«Quei soldi per ricoverarmi». «C’era un preventivo da parte della clinica?», domanda il presidente. «No», riprende Conga, per continuare. «A riprova di quello che dico c’è anche una scrittura privata tra me e la persona che mi ha prestato i soldi che venne sequestrata dalla Guardia di finanza. Fecero anche la perizia calligrafica». Quei soldi trovati dalla Finanza nella Porsche Cayenne sono il frutto delle tangenti secondo il pm Bellelli che guida l’accusa insieme a Giampiero Di Florio ed è su questo punto che Bellelli ha continuato a insistere. «Lei lascia i soldi in macchina, ma perché? Ma cosa ci doveva fare il giorno dopo? E perché c’era anche la pistola in macchina?». Conga continua: «La pistola era regolarmente detenuta» – «non è accusato di porto d’armi», replica Bellelli – «e guido sempre armato. I soldi mi è capitato di lasciarli lì: li ho portati da Chieti per metterli nella mia casa di Pescara, ma li ho lasciati in macchina». Di chi era la Porsche Cayenne? «L’ha pagata con un assegno il marito di mia nipote, Antonello Ricapito», ha detto ieri Conga smentendo quello che Ricapito disse durante il suo interrogatorio: «Mi ha dato i soldi lui ma l’ha intestata a me per riservatezza».
«Via Mazzini? Ci andavo per farmi i vestiti». Accade, nel processo sanità, che quasi ogni imputato abbia il suo antagonista e accusatore. E’ così per Aracu attaccato dall’ex moglie Maria Maurizio, è così per Del Turco e Angelini e anche per Conga contro cui c’è un battaglione di gente: Angelini che, ieri, accompagnava la deposizione dell’ex manager con «è falso, è falso», le sue segretarie e la cugina. Che ha risposto Conga ai suoi accusatori? «La cugina di Angelini dice che andavo in via Mazzini», la casa di Angelini in cui, per l’accusa, sarebbe avvenuto lo scambio delle mazzette. «Non ho mai incontrato Angelini in via Mazzini. E’ una grossa bugia. Se andavo in quella via è perché siccome sono alto, molto alto, andavo in un negozio lì a comprare i tessuti per i vestiti». Le segretarie di Angelini? «Hanno raccontato», ha ripreso Conga, «che avrei chiamato in clinica usando come nome Russicon, ma stiamo scherzando? Ma secondo lei, presidente, dicevo alla mia segretaria di chiamare la segretaria di Angelini presentandomi con il nome Russicon? Ma che sono un pagliaccio? Follie. Le cugine e la domestica», ha detto infine Conga, «danno versioni diverse: una dice che andavo in via Mazzini la mattina, la domestica il pomeriggio. Perché è tutto falso».
«Angelini si è imboscato i soldi». Infine, Conga ha ribattuto al suo maggiore accusatore Angelini. «Io sto qui solo perché Angelini dice di aver fatto prelievi. Se sono tangenti voglio sapere l’ora, il giorno e l’anno in cui me le avrebbe date così mi difendo. Ma non è così perché, presidente, è Angelini che si è imboscato i suoi prelievi». L’ex titolare di Villa Pini sghignazza e Conga termina di deporre: il 21 il controesame.
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